Rieti, storie di migranti a cura
dell'Istituto Luigi di Savoia

Istituto Luigi di Savoia
di Giacomo Cavoli
2 Minuti di Lettura
Sabato 2 Febbraio 2019, 19:24
RIETI - La paura dell’assuefazione alla tragicità degli eventi legati ai flussi migratori e il desiderio di dare un volto ai protagonisti di storie di ordinaria disperazione che, dalle coste africane, cercano altrove una nuova vita. Nel quadro delle iniziative di promozione alla lettura per incentivare negli studenti la voglia di leggere e di confrontarsi con tematiche sociali oltre che culturali, all’Auditorium Varrone affascina il dibattito organizzato dall’istituto superiore “Luigi di Savoia” sulle storie di “Migranti” (edito da Castelvecchi), ultima fatica editoriale del reatino Domenico Di Cesare, che già aveva acceso lo spirito della prima edizione di “Liberi sulla Carta”, il festival dell’editoria indipendente svoltosi lo scorso settembre all’interno del chiostro di Santa Lucia, accolto da un’affollatissima presentazione.

LE STORIE DELL’IMMIGRAZIONE
Successo replicato anche all’Auditorium dove, nell’incontro moderato dalla dirigente scolastica Maria Rita Pitoni, a dialogare con alunni e docenti a fianco di Di Cesare erano presenti Gabriella Stramaccioni, garante dei detenuti di Roma Capitale e Antonella Liorni, responsabile del progetto Sprar gestito della Caritas diocesana di Rieti, salutati dall’assessore comunale alle Politiche Sociali Giovanna Palomba.
Quindici interviste a migranti, accompagnate dalla prefazione di Erri De Luca e dalla postfazione di Luciana Castellina, che raccontano le vicende di richiedenti asilo, raccolte da di Cesare dopo aver conosciuto i diretti protagonisti del volume. Storie di violenze, di guerre, di omofobia, di prostituzione, di condanna a morte e di ciò che i migranti si lasciano alle spalle: dalle drammatiche vicende del loro viaggio all’accoglienza e al percorso, a volte non riuscito, di integrazione.

Un collage di orrori, insicurezze, speranza e di nuovi inizi che ha rapito l’attenzione degli studenti, colmata dai racconti dei tentativi di integrazione portati avanti dalla Stramaccioni – in gioventù maglia azzurra di atletica leggera all’Universiade di Zagabria – attraverso la sua storia sportiva. Un’idea, quella dell’inclusione, nata dalla volontà della Stramaccioni di utilizzare la corsa come veicolo di accoglienza sociale, promuovendo prima maratone che attraversassero i paesi più poveri del continente africano e impegnandosi poi nelle attività di integrazione portate avanti all’interno delle carceri romane a favore dei migranti, con attenzione alle donne vittime delle tratte della prostituzione.

Un lavoro, quello della Stramaccioni, affiancato da quello dello Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) guidato dalla Liorni, che ha presentato i progetti di accoglienza promossi nel territorio reatino, fra corsi di lingua italiana, l’insegnamento dei rudimenti di mestieri artigianali e la creazione di un’officina per la riparazione delle biciclette. E in fondo all’Auditorium pieno di spettatori, c’erano anche loro, alcuni dei ragazzi che, fra mille difficoltà burocratiche e sociali, tentano la via dell’inclusione.  
© RIPRODUZIONE RISERVATA