Franco Marini e l’amore eterno per la “sua” Rieti

Franco Marini a Rieti
di Massimo Cavoli
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Mercoledì 10 Febbraio 2021, 00:10

RIETI - Lo potevi incontrare durante le lunghe camminate cittadine, passione che abbinava a quella per la montagna, retaggio di un amore sviluppato sin da giovane a San Pio delle Camere, il suo paese abruzzese di nascita, e dal servizio militare svolto nella Brigata Taurinense come ufficiale di complemento. Oppure, per un caffè o un aperitivo in piazza del Comune, dove trovava sempre qualche politico ad attenderlo. E, fino a quando è stato possibile, al ristorante Calice D’Oro per il pranzo della domenica, un rito al quale non si sottraeva quando gli impegni istituzionali come presidente del Senato gli consentivano di tornare per il fine settimana a Rieti. Luogo che Franco Marini ha profondamente amato, dove era arrivato insieme al padre, operaio della Snia Viscosa, e alle sorelle dopo la morte della madre, andando ad abitare in una delle villette costruite appositamente nel quartiere Madonna del Cuore per le famiglie dei dipendenti. 
Rieti, dove si innamorò e sposò Luisa D’Orazi (medico, scomparsa nel 2012), conosciuta a scuola, figlia di Ferruccio, esponente comunista degli anni ‘60 diventato anche vice sindaco, pure lui abruzzese di origine, la cui casa era frequentata anche dall’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Franco, democristiano, si confrontava con il suocero che sosteneva tesi politiche opposte, ma sempre rispettando le sue idee», ricorda l’avvocato Antonio Belloni, che di Marini è stato compagno di classe al Classico fino al 1952, anno del diploma. Aggiunge: «Era molto bravo in italiano, un po’ meno in matematica, e allora insieme a un altro compagno portato invece per i numeri, Ugo Cavallari, aveva formato la “ditta”, un modo per aiutarsi a vicenda quando c’erano i compiti in classe. Del resto, a Franco non è mai mancato lo spirito di iniziativa e la voglia di fare, era bravo nelle scalate in montagna ma anche in altri sport, come nella corsa campestre, e ancora attivissimo nelle feste studentesche». 
Proprio la passione per la montagna ritorna spesso nei ricordi di chi l’ha conosciuto, e tra questi ci sono gli alpinisti del Cai reatino, con Roberto Marinelli in testa: «A lui dobbiamo l’affinamento delle tecniche di scalata – ricorda lo storico – perché quando tornò dal servizio militare ci trasmise le conoscenze che aveva acquisito come alpino. Fu così che migliorammo nell’uso di ancoraggi, moschettoni e chiodi quando si scalava una parete, rappresentò un maestro che affrontava con noi le escursioni sul Gran Sasso e al Terminillo. Alla vigilia dello scorso Natale, l’ultima volta che l’ho incontrato davanti alla sua casa, abbiamo ancora ricordato quelle giornate». 
A informare qualche vecchio compagno di scuola della morte di Marini è stata ieri mattina presto Gloria Mostocotto, insegnante di lettere in pensione che non vive più a Rieti. «Non ce lo aspettavamo, quando è stato dimesso dall’ospedale de Lellis sembrava superata, ma questo virus è imprevedibile», commenta un vecchio sindacalista locale della Cisl, l’organizzazione che ha visto Marini diventare segretario nazionale. Proprio in questa veste, salì sul palco del teatro Flavio nel 1991, dove Piero Badaloni conduceva insieme a Gigi Sabani e Toto Cutugno “Piacere Rai Uno”, la trasmissione itinerante che Guglielmo Rositani, membro del collegio sindacale della televisione di Stato, era riuscito a dirottare in Sabina per una settimana. 
Parlò di lavoro (sarebbe diventato pochi mesi dopo anche ministro nel settimo governo Andreotti), delle crisi industriali che stavano decimando l’occupazione, ma soprattutto del suo legame speciale con Rieti che l’aveva portato a considerarla la sua seconda patria. Accadeva trent’anni fa, un amore che per Marini non si è mai spezzato.

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