Rieti, coronavirus: agricoltura e allevamento,
la sfida del giovane Matteo

L'imprenditore
di Daniela Melone
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Venerdì 17 Aprile 2020, 01:30 - Ultimo aggiornamento: 16:27

RIETI - Coronavirus. Intraprendente, coraggioso, ottimista. E’ Matteo Bufacchi, imprenditore 35enne di Borgo Velino, che in piena emergenza coronavirus ha aperto, il 18 marzo, la sua attività, l’ Oasi del Contadino. Il futuro lo vede roseo, con un ritorno all’orto e all’allevamento. «La mia idea parte da lontano, nel frattempo ho lavorato in Poste con un contratto a tempo determinato, alla cui scadenza ho deciso di buttarmi a capofitto in questa nuova opportunità». Matteo non si è mai perso d’animo. Dopo la maturità da geometra, ha iniziato a frequentare Ingegneria a Rieti. Poi è stato assunto da una azienda nel campo delle costruzioni a Orte e quando in campo edilizio c’è stata una flessione, ha deciso di guardarsi altrove. Il lavoro scarseggiava, Matteo aveva un capannone di famiglia e si è rivolto alla Cna, che attraverso l’iniziativa Vivaio, finanziata dalla Fondazione Varrone, lo ha seguito passo passo.

Il racconto
«Mi sono stati accanto per le pratiche burocratiche, mi hanno seguito anche in orari fuori da quelli consueti, prendendomi per mano fino al giorno dell’inaugurazione. Anche ora, con le domande per i contributi, mi sono vicini. Il punto di forza della mia attività - racconta - è rappresentato dai prodotti di qualità, pasta Strampelli, farina del Molino del Cantaro, farine di farro di Rascino, biscotti della panetteria Sant’Anna di Antrodoco, buon vino. Ho anche detersivi alla spina, mangimi, prodotti per l’agricoltura, pet food. Il massimo sarebbe riuscire a vendere prodotti che offre la nostra terra, come salumi e formaggi di piccoli imprenditori. L’attività, con un ampio parcheggio, ha l’ingresso che dà proprio sulla Salaria per Ascoli, al km 95. La speranza è che dopo il lockdown possa diventare un punto di riferimento per tutti coloro che percorrono quella strada». Al momento non ha dipendenti, ma il papà e la mamma gli danno una mano. Stessa cosa faceva Matteo con loro, quando i suoi avevano un forno ad Antrodoco: «Li ho sempre aiutati, anche quando lavoravo altrove – ricorda - E nel fine settimana davo una mano in famiglia. Forse questo non era il mio sogno da bambino, anche se il settore del commercio è sempre appartenuto alla mia famiglia. Mio nonno aveva un’osteria ad Antrodoco e poi un emporio a Colle Rinaldo, con prodotti alimentari, per l’agricoltura e mangimi. Penso che oggi sarebbe fiero di me».

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