Davide Santarelli, ex dipendente della Coop 76, finita in liquidazione e i cui ex amministratori sono sotto processo per appropriazione indebita, ieri si è ritrovato da accusatore ad accusato davanti al giudice monocratico.
Quando, nel corso di una causa civile che aveva promosso contro il datore di lavoro, arrivò a paragonare la sua vecchia azienda a una cosca (non meglio specificata), non avrebbe certo immaginato di ritrovarsi, a sua volta, imputato in un'aula di giustizia, là dove negli anni successivi fece finire gli ex datori di lavoro, denunciati per mobbing e condannati a tre mesi per lesioni (sentenza pendente in appello) perchè, pur essendo invalido a un braccio, l'avevano messo a lavorare come cassiere.
Ma questa volta, incassata ”l'offesa”, l'azienda (nella persona del querelante Sergio Rigliani) non si è però potuta costituire parte civile (è finita in liquidazione) nel processo dove Santarelli, conosciuto dirigente di una società ciclistica e anche candidato alle comunali del 2007 con Alleanza nazionale, è difeso dagli avvocati Cristian Baiocchi e Chiara Mestichelli.
Il giudice monocratico, chiamato a stabilire l'effettiva valenza diffamatoria per l'onorabilità dei vecchi amministratori di quel «cosca nella Piana», ieri ha sentito, come primo atto, proprio l'ex presidente del Cda Rigliani, che ha confermato: «Disse la frase davanti ad altri testimoni durante un'udienza in tribunale». Santarelli, invece, non c'era. Deporrà la prossima udienza e dovrà spiegare quell'inquietante definizione attribuita all'ex Coop 76.
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