Rieti, “Bombolo” ne fa cinquanta: è il bar più longevo della città

Bar Bombolo
di Giacomo Cavoli
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Giovedì 11 Aprile 2024, 00:10

RIETI - La Rieti di un tempo era la città di “Bombolo”, quell’Emiddio Azzari che negli anni ’60, con la sua friggitoria in via Cintia, preparava ciambelle e paste da consegnare nelle scuole in sella alla sua bicicletta. Poi dall’altro lato della strada Azzari aprì un laboratorio di pasticceria e avviò l’attività di caffetteria che, a partire dal 5 aprile del 1974 – quando aveva appena 24 anni – furono rilevati da Gianfranco Faraglia, proveniente dall’esperienza della sua famiglia che tra il 1963 e il 1965, a viale Matteucci, aveva dato vita prima al Bar Olimpico, seguito dal ristorante (entrambi al posto dell’attuale McDonald's) e poi, a partire dal 1968, alla Torrefazione Olimpica. 
È questa l’origine di “Bombolo”, cinquant’anni esatti di uno dei bar con la gestione più longeva in città, che hanno contribuito a mantenere il cognome di Faraglia come sinonimo di caffè.

I ricordi. «Quando rilevai il bar ero il più giovane commerciante di via Cintia: ora, sono il più vecchio», scherza Gianfranco, che l’attività di una vita l’ha portata avanti grazie all’impegno condiviso con la moglie Giuliana Aguzzi e i figli Riccardo e Valentina, la quale continua oggi ad affiancarlo. 
A Rieti, “Bombolo” non è soltanto la certezza della qualità di paste e caffè ma, per oltre 35 anni, è stato anche il simbolo della vita notturna: «Chiudevamo alle 20, per poi riaprire dalle 22 fino alle quattro del mattino – racconta Gianfranco – A partire dalle 22, però, non vendevo più alcolici: questo mi ha consentito di tenere sempre lontani dal bar i brutti giri e anzi, spesso erano proprio i ragazzi che uscivano alticci da qualche serata a venire da me, perché sapevano che li avrei rimpinzati con paste calde, caffè e cappuccini». A tentare di mandare all’aria la storica gestione di “Bombolo” - la notte del 15 gennaio 2008 - fu l’incendio causato da un corto circuito: «Dell’ambiente interno del bar non rimase nulla – ricorda Gianfranco – E dopo l’incendio non volevo più riaprire, ma ero assediato dai clienti che mi dicevano: “Bombolo non può morire”. Così ricostruimmo tutto e dopo cinque mesi, a giugno, tirammo di nuovo su la serranda». 
La fine delle aperture notturne di “Bombolo” fu invece uno dei primi segnali che la vita in città stava cambiando, e non certo in meglio: «Ho smesso di aprire nel 2010, quando all’ingresso di Porta Cintia venne installato il varco della ztl - prosegue Gianfranco – Abbiamo subìto sulla nostra pelle di commercianti le sperimentazioni di quell’epoca, che infine portarono a spostare il varco poco oltre il bar, davanti alla sede dell’Inps: ma, a quel punto, che senso aveva tornare ad aprire la notte? Ormai le persone avevano acquisito l’abitudine di frequentare altri bar notturni e così lasciai perdere».

Il futuro. Lo sguardo, adesso, è tutto teso a comprendere quali saranno gli effetti della riqualificazione di via Cintia e via Terenzio Varrone, dove il Comune di Rieti – a partire dall’inizio di quest’estate – è pronto ad avviare i cantieri per la rimozione dei parcheggi e la creazione di passaggi pedonali a raso. 
«Sono d’accordo sulla riqualificazione degli spazi pedonali, così come è stata già attuata dai lavori Plus – conclude Gianfranco – ma non sull’eliminazione dei parcheggi.

Il mio timore è che, con questi interventi, via Cintia rischierà di trasformarsi in un deserto commerciale come accaduto a via Roma». Ma “Bombolo” non può morire.

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