Fara Sabina, «Il carro
del Principe torni a casa»

Fara Sabina, «Il carro del Principe torni a casa»
di Raffaella Di Claudio
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Sabato 11 Aprile 2015, 06:26 - Ultimo aggiornamento: 16:21
FARA SABINA - Dopo la neonata associazione Fara 2020, che ne ha chiesto un intervento diretto, l'amministrazione comunale farense dice la sua sulla complessa vicenda che riguarda il carro del principe Sabino. Tra speranza, voglia di inserirsi nella trattativa e livelli amministrativi superiori da rispettare.



IL REPERTO

Il carro sabino è un reperto archeologico di grande valore, trafugato alla fine degli anni '60 dal sito archeologico di Montelibretti Roma 1 e venduto dal museo Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen. Gli scavi successivi hanno portato alla luce altri corredi funerari custoditi nella tomba 11 della necropoli Colle del Forno, attualmente custoditi nel museo civico archeologico di Fara Sabina. Dove quel carro che oggi sembra poter far rientro in Italia, in base a quanto riferito nella trasmissione Petrolio di Rai 1, dall'archeologo Jan Kindberg Jacobsen, dovrebbe poter naturalmente tornare. Anche se non è così semplice.



L'INIZIATIVA DELLA GIUNTA

«La disponibilità danese - ha dichiarato il sindaco Davide Basilicata - di restituire il carro sabino all'Italia riaccende la speranza su quello che potremmo definire un ricongiungimento familiare archeologico. In caso di esito positivo, siamo sicuri che nessuno vorrà commettere l'errore di decontestualizzare una seconda volta il carro d'oro da quella che è la sua vera casa. Per questo, siamo in contatto con la Soprintendenza affinché il nostro museo possa essere considerato il candidato naturale per custodirlo ed esporlo».

«Nel 2012 - ha aggiunto l'assessore alla Cultura di Fara Sabina, Tony La Torre - mi ero già attivato per capire se ci fossero delle possibilità per il rimpatrio ma l'esito fu negativo perché il percorso investiva direttamente il ministero dei Beni culturali e il comando carabinieri per la Tutela del Patrimonio culturale. Le porte del museo civico sono aperte, ma è il governo che deve cogliere al volo il nuovo input che ora è giunto. L'amministrazione di Fara Sabina non può fare molto perché il reperto non è stato trafugato da una nostra struttura, ma dal sito di Montelibretti. In più, i beni archeologici appartengono allo Stato, non ai Comuni dove vengono rinvenuti, né ai proprietari dei terreni. Quindi è il Ministero il titolare di questa partita che si gioca sul filo della diplomazia. Ovviamente, noi abbiamo tutto l'interesse ad inserirci, e bene, nella trattativa che ne seguirà».