Coronavirus, ecco i mille stratagemmi
per superare la dogana di Contigliano

Coronavirus, ecco i mille stratagemmi per superare la dogana di Contigliano
di Mario Bergamini
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Lunedì 6 Aprile 2020, 10:32 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 23:14

RIETI - «Alt! Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!». Se Paolo Lancia, sindaco di Contigliano, ponesse un dipendente del suo Comune a ogni ceck-point istituito sulle direttrici di uscita del suo Comune risolverebbe d'incanto i problemi finanziari dell'Ente. Anzi, si ritroverebbe a guidare una delle amministrazioni più floride della provincia. Da quando Contigliano è stato proclamato “zona rossa” per il contagio da coronavirus – era lunedì 30 marzo – centinaia di contiglianesi hanno presentato domanda per varcare i confini comunali e recarsi a Rieti, giustificando la richiesta con le motivazioni più astruse.

“Devo comprare le crocchette per il mio gattino. Qui in paese non hanno quelle che mangia il mio Fuffy”. Oppure: “I prodotti che mi servono per la casa, nei supermercati di Contigliano non ci sono”. E ancora: “Ho bisogno di uno shampoo che trovo solo in una speciale profumeria del capoluogo”. “Il mio parrucchiere è a Rieti: Non vorrete mica che stia un mese a casa senza potermi fare la messa in piega”.

In una sola mattina, di domande ne sono state presentate cinquecento. Cinquecento per un comune che conta 3mila e 800 anime, servito come pochi altri, da sempre modello di buon amministrazione in provincia, paese natale di Franco Maria Malfatti e di tanti politici che hanno dato lustro a Rieti. Eppure... Cinquecento domande in una mattina per evadere dalla “zona rossa”.

Fate voi la proporzione. Tutte o quasi rispedite al mittente. Perché il sindaco Lancia, eletto nel maggio del 2019, contrariamente al doganiere di “Non ci resta che piangere” (il film del 1984 con Roberto Benigni e il compianto Massimo Troisi), il permesso lo ha rilasciato solo ad alcuni suoi concittadini.

«I permessi per uscire – ha spiegato - saranno dati solo a chi deve fare visite mediche urgentissime e non rinviabili, a coloro che svolgono funzionai lavorative essenziali per mandare avanti i servizi pubblici in provincia. Gli infermieri e gli operatori sanitari che lavorano nelle Asl del Lazio». Punto. Tutti gli altri? Ripassare alla dogana. «Alt! Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!». Anche troppo poco.


 

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