Cittaducale al voto, la sfida angioina tra meno tasse e più lavoro

Cittaducale al voto, la sfida angioina tra meno tasse e più lavoro
di Raffaella Di Claudio
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Mercoledì 8 Giugno 2022, 00:10

RIETI - Il tour nella Cittaducale che si prepara al voto inizia alle 9.30 di un sonnacchioso lunedì a Santa Rufina. Melissa, dietro al bancone del Bar Aia, aperto la scorsa settimana, cerca di smaltire gli ordini e «se l’impegno del bar me lo consentirà» andrà a votare. Intanto sulla terrazza di tavolinetti bianchi arriva Fulvio, 68 anni, attivo nel mondo del volontariato, «nato, cresciuto e pasciuto a Santa Rufina», dice sorridendo. Di campagne elettorali ne ha viste un bel po’ e quelle attuali poco gli piacciono.

«Prima era tutto più bello e sentito - assicura - anche il confronto era più vero, ora invece si svolge tutto su facebook. Non è come una volta che si andava in piazza e si parlava con la gente. Da ragazzino, ricordo che andavamo in giro ad attaccare i manifesti e poi aspettavamo che non venissero ricoperti dagli avversari. Era tutto più partecipato e soprattutto si parlava molto di più di politica». Un gruppo di signore chiacchiera e tra un orzo e un cappuccino sondiamo il clima. «Sfiduciato - non esita a rispondere Lorena, pensionata di Santa Rufina. - Abito da 29 anni in via delle Mimose, la strada è stata sempre completamente dissestata e quando rifanno l’asfalto? Cinque giorni prima delle elezioni. Per me è una presa in giro. Alcune zone sono completamente dimenticate, servono servizi puntuali e chi amministra non può comparire solo per cercare i voti».

Le richieste. «Serve più presenza sul territorio», le fa eco l’amica Filomena. Nei vicoli del centro storico c’è Felicita, 77 anni. Spazza l’uscio e parla con una signora svizzera, che premette «sono straniera, non voto». Felicita fa vedere i vicoli appena sistemati, la politica dice di non capirla tanto «ma a votare vado». Da Santa Rufina, per raggiungere il capoluogo occorre salire in macchina. Arrivati nel posteggio incontriamo il candidato sindaco Roberto Ermini. Mentre ci avviciniamo a piazza del popolo («che ho fatto io nel 2013») sintetizza la sua «prima volta da sfidante» con la metafora del «ciclista in netto recupero che nella volata può riservare sorprese». Di questa campagna elettorale, Ermini ricorderà «l’accoglienza che mi stanno riservando i cittadini, che ripaga della fatica di questi giorni». Nel 2017 non centrò il bis proprio contro Ranalli, «perché - dice - la terza lista venne studiata proprio per farmi fuori». Dopo 5 anni di «opposizione sugli argomenti, come Ater e Tassa unica» tenta di nuovo la scalata.

Assicura di farlo «solo perché amo profondamente Cittaducale come il resto della mia squadra» e garantendo a chi lo voterà che «scegliere noi significa scegliere la via della riduzione della pressione fiscale perché le persone sono già tartassate e almeno per quello che compete il Comune metteremo in campo ogni azione affinché ciò avvenga».

Poi volge lo sguardo al palazzo comunale, ci indica la stanza del sindaco e ribadisce che il suo unico scopo è «riavvicinare le istituzioni ai cittadini, dando loro i servizi di cui hanno bisogno».

L’orologio segna le 11. Saliamo le scale del municipio e ci imbattiamo in un corteo elegantissimo. Lo seguiamo fino a una saletta con affreschi e fiori bianchi ed ecco che arriva il sindaco Leonardo Ranalli, camicia azzurra e fascia tricolore, pronto a celebrare il matrimonio di Massimo e Maria Paola: l’ultimo di questo suo primo mandato da primo cittadino. 
«Sono particolarmente contento di essere qui - esordisce - celebrare matrimoni è stata la cosa più strana che mi sia capitata. Non immaginavo potesse essere tanto emozionante e trascinante, a tal punto che poi mi sono sposato anche io». Recita la formula del rito civile fino al bacio tra Massimo e Maria Paola, suggellato da un lungo applauso.

Nella sua stanza, toglie la fascia e ci accomodiamo nel salottino. In questa ultima settimana prima di tentare il bis percepisce «un clima buono, perché abbiamo lavorato bene. Abbiamo fatto un piccolo miracolo: pagando diverse centinaia di migliaia di euro di debiti fuori bilancio, senza lasciare neanche un euro di buco. Gestendo il bilancio come fosse quello di una famiglia, solo più numerosa». Racconta un «impegno da parte mia totalizzante, con la porta dell’ufficio del sindaco sempre aperta per tutti». In un «periodo terribile, segnato dal post terremoto, dal Covid e oggi dalla peste suina». Tra le cose più belle di questi anni cita «la sfida quotidiana nel ruolo dell’amministratore che fa sì che nessun giorno sia noioso» e tra le più brutte «il Covid e le persone che a causa del virus hanno perso la vita».

Manca qualche minuto alle 12. C’è il tempo per fare una passeggiata lungo il Corso. Qui incontriamo Maria Rita, commercialista in pensione, che non ha dubbi: «a Cittaducale serve tutto. Non c’è più niente e non è solo colpa della politica, ma anche delle persone spesso refrattarie. Cittaducale è bellissima, ma serve qualcosa che attragga turisti e convinca i giovani a restare, rendendola più di un paese dormitorio».

Simone invece è fiducioso. Fa l’ottico e da 10 anni è tornato a vivere qui dalla Capitale. Lo incontriamo fuori dal bar Il Ducale. Descrive le scuole come eccellenza e parla con entusiasmo di un’associazione pronta a organizzare eventi per tutti dopo due anni di stop. E se dovesse chiedere qualcosa all’amministrazione? «Chiederei una biblioteca - dice - e un centro di aggregazione per ragazzi dai 12 ai 20 anni, in cui possano trovare cosa fare al di là dei bar». Candidati, prendete nota.

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