POCA TRASPARENZA
Un aspetto non secondario visto che i processi in Vaticano garantiscono sempre un maggiore controllo mediatico rispetto a quello che, invece, accadrebbe se il procedimento rimanesse negli Usa. Il cardinale americano Daniel Di Nardo ha chiesto alla Santa Sede di «fornire più dettagli. «Al momento non conosciamo i fatti; quando emergono simili accuse deve essere avviata una indagine immediata, approfondita e trasparente in collaborazione con le forze dell’ordine e devono essere prese misure immediate per proteggere i bambini». Quello che sembra mancare in Vaticano, nonostante gli sforzi di Francesco, è proprio la trasparenza. Tutto sarà da chiarire.
Il diplomatico in questione, Carlo Alberto Capella, 44 anni, in passato ha svolto servizio in Segreteria di Stato come minutante per le questioni italiane. Il suo nome figura tra i funzionari della delegazione che firmò con il Ministro dell’Economia, Padoan la convenzione Santa Sede-Italia in materia fiscale. In uno scarno comunicato vaticano si legge che è stata attivata dal Promotore di Giustizia «una collaborazione a livello internazionale» per raccogliere ogni elemento utile. Le ricerche avviate per fare luce su questo caso sono possibili grazie alle leggi introdotte da Benedetto XVI e da Francesco che, in due diversi passaggi, hanno inasprito le norme per contrastare il crimine della pedofilia.
Tra le novità introdotte nel corpo giuridico vaticano, anche l’introduzione del reato della pedopornografia. Nel 2013 Papa Francesco ha incluso nelle indagini anche «i legati pontifici ed il personale di ruolo diplomatico della Santa Sede», fino a quel momento esclusi. In particolare, con nella normativa viene definito «materiale pedopornografico» quale «qualsiasi rappresentazione di un minore, indipendentemente dal mezzo utilizzato, coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, e qualsiasi rappresentazione di organi sessuali di minori a scopi prevalentemente sessuali»
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