Letta ora passa al contrattacco e punta al bis entro fine mese: «Renzi? Mi sfiduci lui»

Il presidente del Consiglio Entrico Letta a Casa Italia, alle Olimpiadi di Sochi
di Alberto Gentili
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Sabato 8 Febbraio 2014, 07:53 - Ultimo aggiornamento: 08:12
La tattica attendista di Enrico Letta, la mancanza di reazione a Matteo Renzi che gli ha dato i quindici giorni neanche fosse una colf da licenziare e che non esclude di prendere il suo posto a palazzo Chigi, comincia a irritare perfino i fedelissimi del premier.



«Enrico, devi fare qualcosa, reagire, andare all’attacco. Non puoi continuare a farti massacrare così», gli hanno detto l’altra sera dopo il discorso timido e felpato alla Direzione del Pd. Secca la replica di Letta: «Zitti, so io quello che faccio».



Le due piste Il problema è che nessuno, neppure il suo staff, ha capito cosa Letta abbia in mente. E lui non l’ha spiegato prima di partire ieri per Sochi. A qualcuno sembra che si sia arreso, che sia disposto ad andare al patibolo senza neppure lanciare un’ingiuria verso il proprio carnefice. Senza tentare quella «sortita» suggeritagli da Romano Prodi. Forse perché amareggiato dal “tradimento” del suo partito che ora preferirebbe un governo Renzi. Obiettivo: arrivare al 2018 e rimettere la cabina di comando del Nazareno nelle mani di bersaniani, giovani turchi, cuperliani e quant’altro.



Qualcun altro invece accredita la tesi che dietro al silenzio e all’apparente masochismo di Letta, ci sia una strategia precisa. Ed è probabilmente questa la pista da seguire, visto che dalla sua il premier ha ancora il Quirinale che, appena due giorni fa, ha lodato la «continuità» nell’azione di governo.

Questa pista porta a un premier che «non vuole fare strappi», che non intende «offrire pretesti» a Renzi per attaccarlo. Ma che prima del 20 febbraio, il giorno fissato dal segretario del Pd per decidere se «cambiare schema» (elezioni o Renzi-1), «batterà un colpo». Quale? Chi a palazzo Chigi e tra i lettiani doc accredita questa tesi è pronto a scommettere che appena approvata dalla Camera la legge elettorale, «cosa che noi auspichiamo e che nei limiti del nostro raggio di azione, ci adoperiamo», Letta uscirà dal torpore e metterà nero su bianco il programma di “Impegno 2014”. Scriverà una bella formazione di ministri, con dentro molti renziani. E salirà al Quirinale. Insomma un bel rimpasto, anzi un “rimpastone” che dovrebbe dare vita al Letta-bis. «Dopo di che», dice un esponente lettiano che crede nella riscossa, «Enrico sfiderà Renzi. E vedremo se Matteo avrà la forza per sfiduciare un premier del suo stesso partito».



Timori di incidente Il problema di Letta (e di Renzi) è che la sorte del governo è legata a filo doppio alla legge elettorale. A palazzo Chigi guardano con allarme ai voti a partire da martedì, quando l’Italicum approderà nell’aula di Montecitorio. Chi vuole Renzi al governo potrebbe cogliere l’occasione delle votazioni a scrutinio segreto per far ballare paurosamente la riforma elettorale e scatenare un coro a favore di un governo guidato dal segretario del Pd. «Del resto se si può avere il meglio, cioè un esecutivo guidato dal leader più forte», spiega un deputato renziano, «non si capisce perché ci si debba accontentare di... Letta, uno talmente debole da essere preso a ceffoni perfino da Squinzi».



C’è chi dice che in questo caso, neppure Napolitano potrebbe salvare il premier. Che di fronte un coro unanime a favore di Renzi e alla prospettiva di un “governo per le riforme” fino al 2018, il Presidente non potrebbe non dare il proprio assenso. Del resto i renziani ricordano che il Quirinale, in occasione della trattativa Berlusconi-Renzi, ha benedetto l’intesa a due anche se metteva a rischio Letta. «Segno che la stella polare di Napolitano sono la stabilità e la continuità, ma anche (e soprattutto) le riforme».

Insomma, tutto è aperto. Ciò che è sicuro è che Renzi ha sollecitato Letta a battere un colpo, quando giovedì in Direzione gli ha chiesto di giocare «a carte scoperte». Ed è anche per questo che la strategia del muro di gomma, dell’incassatore di sberle a oltranza, lascia interdetti una parte dei fedelissimi del premier. Gli altri confidano che superato lo scoglio della legge elettorale, Letta finalmente sfrutti i due-tre giorni che lo separeranno dalla Direzione del 20 febbraio (quella del possibile «cambio di schema»), per prendere in contropiede il segretario del Pd con il lancio del Letta-bis. «Ma se Enrico continuerà a restare immobile e a fare il punch-ball, ci sarà ben poco da fare», dice un allarmato ministro del Ncd.
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