Scozia, i nazionalisti ci riprovano: pronto nuovo referendum sull'indipendenza dopo la sconfitta di un anno fa

Scozia, i nazionalisti ci riprovano: pronto nuovo referendum sull'indipendenza dopo la sconfitta di un anno fa
di Antonio Bonanata
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Domenica 13 Settembre 2015, 17:17 - Ultimo aggiornamento: 16 Settembre, 15:43
È passato un anno esatto dal referendum che ha rischiato di spaccare il Regno Unito e fare della Scozia una nazione indipendente (dopo due secoli di unione – per alcuni, sottomissione – a Londra). Ma c’è già chi torna a parlare di un secondo tentativo per i separatisti di agguantare la vittoria sfiorata nel 2014.

In questi dodici mesi il premier scozzese Alex Salmond (a capo dell’SNP, lo Scottish National Party), battutosi più di tutti per promuovere la consultazione popolare, si è dimesso, cedendo il posto a Nicola Sturgeon, che – a dispetto del nome – è una donna, ed anche molto combattiva.



I conservatori di David Cameron, smentendo i pronostici della vigilia, hanno rivinto le elezioni, assicurandosi una solida maggioranza alla Camera dei comuni. I laburisti, portarti alle urne da Ed Miliband, hanno da ieri un nuovo leader, quel Jeremy Corbyn che promette di portare il Labour su posizioni pre-Blair, e quindi a sinistra della sinistra.

Insomma, tutto è cambiato dal 18 settembre 2014, quando oltre due milioni di scozzesi, il 55,3 per cento dei votanti, rispose «no» alla domanda “La Scozia dovrebbe essere un paese indipendente?”.



Ecco perché l’attuale leader dell’SNP (e premier) Sturgeon dichiara che i tempi sono maturi per un (possibile) secondo referendum sull’indipendenza della Scozia: lo si deciderà nel 2016. Piccola nota a margine: entro il 2017 si celebrerà un altro referendum, quello sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, che il premer (rieletto) David Cameron ha promesso da tempo, facendone uno dei cavalli di battaglia dell’ultima campagna elettorale.



Sembra, insomma, che una febbre referendaria abbia contagiato l’isola britannica. E le intenzioni dello Scottish National Party vanno esattamente in questa direzione, nonostante la precisazione del primo ministro Sturgeon che l’ultima parola spetterà al popolo: «Il nostro programma politico fisserà quelle che noi riteniamo siano le circostanze e le priorità per le quali un secondo referendum potrebbe essere appropriato» ha dichiarato la premier, specificando che il partito si limiterà a proporlo. «Starà allora agli scozzesi decidere se votare in queste consultazioni, sul nostro manifesto programmatico, o successivamente circa l’opportunità di indire un secondo referendum, da tenersi entro 5 o 10 anni, o in un altro momento. Su questo si pronunceranno gli elettori».



E mentre un recente sondaggio parla di un 53 per cento di scozzesi favorevoli a votare per l’indipendenza una seconda volta, confermando il risultato emerso da un’altra indagine, da Downing street arriva il netto rifiuto del premier Cameron a concedere una seconda chance ai separatisti. Diametralmente opposto il commento dell’ex premier di Edimburgo, Alex Salmond, che definisce «inevitabile» una nuova consultazione elettorale.



E il Labour di Corbyn? Come si muoverà la sinistra inglese di fronte a questa ed altre battaglie che già si annunciano all’orizzonte? Sicuramente nell’alveo della prudenza, essendo l’SNP storico alleato dei laburisti e la Scozia una vera miniera di voti. C’è molto lavoro da fare per recuperare consensi a Edimburgo, dopo il pessimo risultato alle politiche dello scorso maggio. Non a caso, si spera che proprio Corbyn faccia resuscitare il Labour al di là del Vallo di Adriano. Ma, appunto, al prezzo di un appoggio per un secondo referendum?