«L'accostamento è del tutto improprio - ha detto D'Alema con voce alterata - io come migliaia di persone pagavo ciò che era previsto dalla legge, e non troppo poco». Sallusti ha replicato ricordando che però D'Alema lasciò la casa dell'ente che aveva in affitto. «Vada a farsi fottere - ha gridato il presidente del Copasir - lei è un bugiardo e un mascalzone». E al giornalista che insisteva D'Alema ha replicato: «è stato fatto un accostamento che non c'entra nulla. Io ero in affitto, non ero nè ministro nè capo di governo, ero in un ente previdenziale pubblico e pagavo l'equo canone previsto dalla legge».
Nel crescente battibecco, con le voci dei due protagonisti che si accavallavano, D'Alema ha proseguito: «quando uscì la questione che i politici non potevano restare, e io non pagavo con i soldi che mi dava uno speculatore amico mio, io la lasciai. Io ebbi gratuitamente la sensibilità di lasciare la casa». Sallusti ha però rintuzzato: «anche Scajola ha lasciato il suo posto senza essere indagato».
A questo punto D'Alema ha ulteriormente alzato il tono della voce: «Lei si guadagna lo stipendio dicendo mascalzonate, la pagheranno mandandogli signorine». «Le signorine - ha replicato Sallusti - le usavano i suoi uomini in Puglia». A questo punto, vista l'impossibilità di ricondurre a ragione i due contendenti, il conduttore Giovanni Floris ha sfumato l'audio dei loro microfoni e ha mandato in onda un servizio.
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