Si va avanti, eccome, sulla strada della giustizia giusta. Carlo Nordio è molto determinato. «Tutti conoscevano le mie idee e sono stato chiamato al ministero proprio per realizzarle. Questo è solo l’inizio», ha assicurato Nordio al Taobuk, il festival dei libri di Taormina dove lo ha accolto il nuovo sindaco Cateno De Luca che poi si è molto complimentato per le sue parole. Nordio bacchetta l’Anm, accusandola di interferenze. Dice: «Se il rappresentante di un sindacato di magistrati, prima che sia noto il testo del disegno di riforma, pronuncia tutta una serie di critiche severissime, allora secondo me in corretto italiano queste critiche significano interferenze». E ribadisce il Guardasigilli, facendo subito insorgere quella parte dei togati che continuano a considerarsi intoccabili: «L’interlocutore istituzionale del governo e della politica non è il sindacato, ma il Consiglio superiore della magistratura».
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La determinazione di Nordio è assolutamente apprezzata nel governo di cui fa parte e che ha approvato all’unanimità la riforma della giustizia.
I CRITICI
A proposito dei suoi critici più acerrimi, come Piero Grasso, Nordio incalza: «Grasso ha fatto tanta antimafia e vede la politica come un mondo di mafiosi. Io auspico che magistratura e politica smettano di stare su fronti contrapposti. È cambiata la società e sono cambiate le ideologie». Il ministro smentisce che il ddl possa avere una posizione antagonista a quanto richiesto dall’Ue: «Queste sono fake news. Abbiamo l’arsenale punitivo più aggressivo d’Europa, deve essere graduato. Si tratta di un primo avvicinamento all’ideale che mi sono prefisso. Per gli obiettivi raggiunti finora sul disegno di legge, mi do un 7 e tanto c’è ancora da fare. Per l’obiettivo politico, mi do 10».
Il pubblico a Taormina lo applaude. Anche sull’abuso d’ufficio: «Nella forma in cui esisteva era così evanescente e atipico da non avere uguali in nessun altro ordinamento europeo». Segue un importante invito: «Mi rifiuto di pensare che un pm, se non riesce a contestare un reato, ne cerchi un altro. Il pm deve guardare i fatti. E se quel fatto si inserisce nella struttura tipicizzata del reato dell’abuso di ufficio, e oggi è abrogato, è inutile che lo inserisce nella struttura tipica del reato di corruzione, che è completamente diversa. Se così accadesse, significherebbe che quel pm non sta guardando al reato ma al reo, cioè alla persona che vuole colpire e che magari è un politico». L’Anm («Abbiamo il diritto e il dovere di parlare») è furibonda. Ma il nuovo corso c’è e può riuscire.