Pnrr, sbloccati i fondi europei per le opere escluse: il piano del governo per garantire la copertura

Fitto vede gli enti locali per assicurare la copertura finanziaria dei progetti

Pnrr, si sbloccano i fondi europei destinati alle opere fuori dal Piano
di Francesco Bechis
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Domenica 6 Agosto 2023, 23:58 - Ultimo aggiornamento: 7 Agosto, 10:34

Avanti così. Terrà il punto Raffaele Fitto: il governo troverà i sedici miliardi di euro per salvare i progetti tagliati fuori dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). E lo farà cercando risorse dove possibile. Se necessario, anche attingendo dai fondi europei per le Regioni. 
Oggi il ministro agli Affari europei incontrerà a Roma i governatori e gli enti locali riuniti nell’Anci. Un doppio appuntamento per placare le polemiche insorte dopo l’annuncio di una significativa rimodulazione del piano di ripresa italiano. Da cui usciranno fondi per le periferie, il dissesto idrogeologico e la transizione green, un pacchetto da sedici miliardi di euro, appunto, tredici dei quali attesi dai Comuni. Di qui la domanda che arrovella da giorni un fronte trasversale di amministratori italiani, preoccupati del destino di centinaia di bandi Pnrr, alcuni avviati altri ancora sospesi: dove troveranno i fondi per coprire un buco da 16 miliardi?

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LA CACCIA AI FONDI


In Parlamento Fitto ha già dato una risposta.

Il governo cercherà risorse alternative aprendo due cassaforti. Da un lato i fondi di coesione europei. Cioè il programma di finanziamenti Ue che destina ingenti risorse alle Regioni del Sud Italia (l’80 per cento deve essere speso per il Meridione) e ha un vantaggio rispetto al Pnrr: la rendicontazione, “gli scontrini”, deve essere inviata alla Commissione europea tre anni più tardi: entro il 2029. Dall’altro lato Palazzo Chigi cercherà di rifinanziare una parte dei progetti espunti dal piano attraverso il “Fondo complementare Pnrr”, 30,5 miliardi di euro di risorse nazionali stanziate dal governo Draghi per contribuire al finanziamento dei progetti Pnrr. Fin qui nulla di nuovo. C’è però una terza linea di finanziamento a cui il governo intende attingere per ridare vita ai progetti tagliati dal piano. Si tratta del Fondo di sviluppo e coesione (Fsc), il “fortino” europeo delle Regioni rimasto blindato per mesi in attesa della revisione del piano, nonostante le proteste dei governatori che invece chiedevano di battere cassa. Lo stallo è durato fino alla scorsa settimana, quando Palazzo Chigi ha dato il via libera alla ripartizione del fondo tra le Regioni - assegnando da Nord a Sud 32,4 miliardi di euro - con una delibera approvata dal Cipess. 


Ebbene, anche queste risorse, ora, potrebbero essere utilizzate dal governo per colmare il vuoto di 16 miliardi dei bandi usciti dal Recovery italiano. E questa è una notizia che difficilmente passerà sotto traccia nelle riunioni con Regioni ed enti locali previste nel pomeriggio. Del resto pochi giorni fa era stata la Conferenza delle Regioni guidata da un governatore di centrodestra, il presidente leghista del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, ad inviare a Fitto una lettera puntuta con una richiesta esplicita: nessuno tocchi il Fondo di sviluppo e coesione. Insomma, la coperta è corta. 

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I TIMORI DI PALAZZO CHIGI


Fitto spiegherà nondimeno a sindaci e governatori che la scelta di far scendere dal treno del Pnrr quei 16 miliardi di progetti è stata lungimirante. Se fossero rimasti dentro al Recovery, avrebbero dovuto rispettare una scadenza perentoria: giugno 2026. Mancato quel traguardo, l’Italia avrebbe perso definitivamente i fondi. E questo è uno scenario che fa tremare le vene e i polsi al governo, «se si perdono definitivamente 16 miliardi è un disastro» ragionano dalla cerchia vicina alla premier Giorgia Meloni


L’altro appunto che il ministro farà, dati alla mano, agli amministratori convocati nella Sala verde di Palazzo Chigi tocca un tasto dolente. Ovvero la capacità di spesa dei fondi europei da parte di comuni e Regioni. I dati della programmazione dei fondi di Coesione 2014-2020 sono desolanti: solo il 34,4 per cento delle risorse è stato messo a terra, un euro su tre. Basterà la statistica a placare gli animi accesi di governatori e fasce tricolori? Si vedrà. 
Certo anche in maggioranza non sfugge il tema politico dietro la revisione del Pnrr. Alcuni dei progetti finiti sotto la tagliola, e ora senza coperture, hanno un forte impatto sull’opinione pubblica. Come i piani contro il disagio nelle periferie nelle grandi città: Roma, Napoli, Torino, Milano. Sei miliardi di euro da trovare al più presto. Dalla militanza in periferia Meloni ha scalato la vetta fino a Palazzo Chigi. E per questo vorrà lanciare quanto prima un segnale: «Il governo non lascerà nessuno indietro». 

 

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