Meloni e von der Leyen, il patto: progetti rivisti e fondi Ue. Pnrr, intesa sulle modifiche

Nell’agenda di Bruxelles entrano regole europee per le Ong e mosse anti-inflazione

Pnrr, intesa sulle modifiche: progetti rivisti e fondi Ue. Il patto tra Meloni e von der Leyen
di Alberto Gentili
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Martedì 10 Gennaio 2023, 01:13 - Ultimo aggiornamento: 10:26

Davanti a un calice di aperitivo, sgranocchiando qualche panino e salatino, Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen hanno «fatto importanti passi avanti». Nel bel salotto affacciato su piazza Colonna, cuore dell’appartamento privato al terzo piano di palazzo Chigi, la premier italiana e la presidente della Commissione europea in un’ora di colloquio hanno concordato sulla necessità di rivedere il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). E di integrarlo con le risorse dei fondi di coesione non spesi tra il 2014 e il 2021. In più, sul tema divisivo dei flussi migratori, hanno «preso atto della necessità di trovare una soluzione comune a livello europeo», racconta un’alta fonte di governo, «convergendo sull’importanza di accordi con i Paesi del Nord Africa». L’obiettivo: far gestire lì, sulle coste africane, le partenze dei migranti, strappandoli dalle grinfie dei trafficanti. Von der Leyen non avrebbe inoltre chiuso alla possibilità che il Consiglio europeo straordinario dell’9 e 10 febbraio possa varare un codice di condotta Ue per le navi delle Ong. Altro tema del menu: aiuti europei e non nazionali alle imprese per fronteggiare l’inflazione e le misure contenute nell’Inflaction Reduction Act varato dagli Stati Uniti.

Al di là del comunicato estremamente stringato di palazzo Chigi e del tweet con cui von der Leyen ha riassunto il vertice cui ha partecipato il ministro agli Affari europei, Coesione e Pnrr Raffaele Fitto, fonti vicine a Meloni parlano di «incontro andato molto molto bene», di «clima decisamente positivo», di «piena collaborazione».

Insomma, un ulteriore step nella costruzione di quel rapporto che tra strette di mano e sorrisi esplorativi cominciò il 3 novembre a Bruxelles, una manciata di giorni dopo la nascita del governo di centrodestra. Tant’è che le due presidenti si danno del tu e si chiamano per nome. «Cara Ursula». «Cara Giorgia».

Liaison personale a parte, la von der Leyen «ha preso atto molto positivamente dei risultati raggiunti dall’Italia sul Pnrr al 31 dicembre», riferiscono a palazzo Chigi, «e ha offerto la massima disponibilità sui passi successivi, confermando l’alto livello di collaborazione messo in campo finora». Con una raccomandazione: «Il piano italiano vada avanti bene».
La presidente della Commissione Ue apre alla «revisione» e «all’implementazione del Pnrr», accettando (in linea di principio) la proposta italiana di un’integrazione con i fondi di coesione non spesi e con le risorse del RePower Ue (più o meno 20 miliardi in totale) per fronteggiare l’impennata delle materie prime che rende difficile la realizzazione delle opere infrastrutturali previste dal Piano. 

Attenzione: le due presidenti non sono entrate nel dettaglio. Non hanno discusso della nuova governance italiana del Pnrr o degli interventi di semplificazione per mettere a terra le opere pubbliche, né dell’eventuale sforbiciata di alcune infrastrutture. Di questi temi si è occupato e continuerà a occuparsi, al tavolo Ue dedicato al dossier, il ministro Fitto. «Ma di fondo c’è stata grande intesa», viene garantito.

Più complesso il confronto sui migranti. Meloni ha illustrato il decreto con il codice di condotta delle navi Ong. Ha ricordato che queste imbarcazioni «spesso si accordano con gli scafisti». E ha chiesto che le norme sulle Ong siano prese anche a livello europeo. «Von der Leyen non ha chiuso». Come si sarebbe mostrata aperta, la presidente della Commissione, alla necessità di trovare al Consiglio Ue di febbraio «una soluzione comune europea». Con aiuti ai Paesi del Nord Africa cui far gestire le partenze sulle loro coste. E con un piano di rimpatri e un Sistema di preferenze generalizzate (Spg) per i Paesi d’origine che cooperano, concedendo tariffe agevolate dei loro prodotti esportati in Europa. Ma l’intesa a febbraio, vista l’ostilità di diversi Paesi, è tutt’altro che scontata. Anzi, è considerata improbabile.

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IL FONDO SOVRANO

Non meno complicata, ma decisamente più facile, la partita sul fronte economico. Von der Leyen ha celebrato «il successo» del tetto al prezzo del gas su cui Mario Draghi e poi Meloni avevano dato battaglia. Ma non si è sbilanciata, «pur mostrandosi disponibile a discuterne», davanti alla richiesta della premier italiana di prevedere aiuti europei e non nazionali alle imprese, per fronteggiare l’Inflaction Reduction Act di Joe Biden. Il nodo è complesso: se la risposta fosse affidata a ogni singolo Paese, la Germania e gli altri Stati senza un alto debito pubblico potrebbero decidere aiuti no limit; mentre l’Italia non potrebbe mettere in campo misure adeguate. Ciò distorcerebbe, ha fatto presente Meloni, il mercato unico e le regole della concorrenza. «Ursula è stata molto attenta, sembra pensarla come noi sulla necessità di un fondo sovrano...», dice un’altra fonte di governo. Come finirà si capirà al Consiglio Ue del 9 e 10 febbraio.

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