Patto di stabilità, primi accordi a Bruxelles, sconti sul deficit

Mediazione tra Italia, Francia, Spagna e Germania. Nuovo vertice per l’intesa definitiva. Ok dell’Ecofin alla revisione del Pnrr

Patto di stabilità, primi accordi a Bruxelles, sconti sul deficit
di Gabriele Rosana
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Sabato 9 Dicembre 2023, 00:35 - Ultimo aggiornamento: 10:37

BRUXELLES L’intesa definitiva ancora non c’è, ma le distanze si stanno riducendo progressivamente. E l’obiettivo di chiudere prima di Natale, adesso, sembra a portata di mano. Magari con un nuovo Ecofin straordinario nella settimana del 18-21 dicembre, ipotesi che servirebbe a sigillare l’accordo politico sul futuro dei conti pubblici europei (più di una fonte scommette su martedì 19 sera), anche se per i più ottimisti potrebbe essere persino superfluo.

Otto ore di trattativa notturne e poco meno di tre al mattino (quando sul tavolo sono finiti l’ok finale alla revisione di 13 Pnrr, compreso quello italiano, e la nomina della nuova presidente della Bei) non sono bastate a risolvere l’impasse che impedisce ai Paesi Ue di trovare la quadra sulla riforma del Patto di stabilità e crescita.

Ma hanno contribuito, negli scambi della notte in formato “confessionale” o ristretto, ad avvicinare le posizioni, adesso messe nero su bianco nelle nuove bozze di testo predisposte dalla presidenza spagnola del Consiglio. Ora c’è un accordo che coinvolge i quattro Paesi più grandi dell’Unione: Francia, Italia e Spagna, ma anche Germania. C’è chi parla di un accordo che ormai copre il 95% del Patto (il francese Bruno Le Maire), chi del 92% (il tedesco Christian Lindner), ma tutti sembrano concordi che una fumata bianca è questione di «giorni» (il commissario all’Economia Paolo Gentiloni). «Vari Paesi hanno richiesto più tempo per un supplemento di analisi a livello tecnico, giuridico o anche politico, per consultare i Parlamenti nazionali», ha riferito la ministra spagnola Nadia Calviño. 


LA FLESSIBILITÀ
Le trattative notturne, prima sull’asse Parigi-Berlino e quindi con il coinvolgimento di Roma e Madrid, hanno prodotto anzitutto una novità nel nome della flessibilità (benché a tempo), finita in un “considerando”. Si tratta di una deviazione transitoria dagli aggiustamenti strutturali di bilancio dello 0,5% previsti per i Paesi che hanno un deficit superiore del 3% se questo è giustificato dall’aumento delle spese per gli interessi nel triennio 2025-2027. «I progressi testimoniano che c’è un riconoscimento del fatto che non siamo in una situazione normale; c’è una guerra in Europa», ha sottolineato il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti. L’emendamento, infatti, comporterebbe un risparmio non da poco, visto che i tassi di riferimento della Bce sono ai massimi storici dall’introduzione della moneta unica (il principale è al 4,5%) e minacciano di limitare i margini di manovra degli Stati in un momento in cui occorre, semmai, investire sulle priorità comuni per tenere l’Europa in corsa «nella competizione del XXI secolo - così, due giorni fa, Le Maire -, con Usa, Cina, India e le potenze emergenti». Della clausola, per provare a dare garanzie alla Germania e al Nord Europa sempre sul chi va là, è stata ribadita la natura del tutto temporanea fino al 2028. E ora che il governo tedesco tende una mano a quelli francese, italiano e spagnolo, a Lindner è stato chiesto di fare da ambasciatore e di convincere i frugali duri e puri - Austria, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, ma pure Lussemburgo -, che sono tornati a irrigidirsi di fronte alle concessioni fatte sugli interessi sul debito pubblico. 


LE SOGLIE
Tra le altre modifiche, nella parte “preventiva” del Patto, dove compaiono le nuove soglie di salvaguardia per debito e deficit, si ripristina una sorta di serie A e serie B tra i Paesi in base al debito. Al taglio medio annuo dell’1% del debito se il rapporto debito/Pil supera il 90% e dello 0,5% se è nell’intervallo 60-90, si accompagnano nuovi paletti anche sul deficit. Non sarà sufficiente, infatti, ricondurlo al di sotto del 3%: gli Stati ad alto debito dovranno scendere fino all’1,5%, mentre quelli con il debito tra 60% e 90% ottengono di fermarsi al 2%. I margini annuali di scostamento dal percorso concordato con Bruxelles (in assenza di procedura) passano invece a un finora inedito 0,5%. 


I ministri dei Ventisette hanno poi dato il via libera definitivo alla maxi-revisione del Pnrr italiano, che inserisce pure il nuovo capitolo RePowerEU dedicato alla transizione energetica e che a fine novembre aveva ricevuto disco verde dalla Commissione. «Un altro grande risultato del governo che conferma la serietà e l’efficacia del lavoro svolto in questi mesi», ha affermato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni; mentre «siamo già al lavoro per l’attuazione del Piano rivisto, a partire dagli obiettivi previsti per la quinta rata la cui richiesta verrà presentata in tempi brevi», ha aggiunto il ministro per gli Affari Ue, il Sud, il Pnrr e la coesione Raffaele Fitto. Il Consiglio ha approvato pure altri 12 Piani modificati, compresi quelli di Ungheria e Polonia (rispettivamente con quattro e una astensione), il che sblocca i primi pre-finanziamenti dei Recovery in direzione di Budapest e Varsavia. 
 

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