Von der Leyen, nuove grane: posto da 17mila euro al mese per un compagno di partito. Attacco dai commissari Pse

Gentiloni, Borrell, Schmit e Breton: «Nomina non trasparente». E il bis adesso è a rischio

Von der Leyen, nuove grane: posto da 17mila euro al mese per un compagno di partito. Attacco dai commissari Pse
di Gabriele Rosana
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Venerdì 5 Aprile 2024, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 10:25

L’aria di campagna (elettorale) arriva fin dentro i palazzi delle istituzioni Ue. E, complice il risiko delle nomine da finale di stagione, spariglia le carte delle grandi alleanze e suscita l’ammutinamento, a due mesi dall’apertura delle urne delle europee, di una nutrita pattuglia di commissari finora leali a Ursula von der Leyen.

A finire nell’occhio del ciclone è l’assegnazione di un incarico: quello, di nuova creazione, dell’inviato speciale per le Piccole e medie imprese (Pmi), per cui è stato scelto l’eurodeputato tedesco Markus Pieper. E che, adesso, potrebbe costare caro alla presidente della Commissione candidata alla successione a sé stessa: von der Leyen, infatti, è accusata di favoritismo politico e di conflitto di interessi nella selezione. 60 anni di cui 20 trascorsi nell’emiciclo Ue, Pieper è stato eletto nei ranghi della Cdu, cioè lo stesso partito di von der Leyen.

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Von der Leyen, nuove grane

Il 31 gennaio scorso, in maniera - si scoprirà in seguito - irrituale, è stato indicato per il nuovo ruolo, con un inquadramento da alto funzionario e uno stipendio da 17 mila euro al mese.

Venti giorni dopo la nomina di Pieper, la Cdu ufficializza il sostegno a von der Leyen per un bis alla guida dell’esecutivo Ue: una tempistica che alimenterà i dubbi sull’opportunità politica della mossa. Ma c’è di più, come ha rivelato la newsletter “Il Mattinale europeo”, che per prima ha scoperchiato il “Pieper-gate”: il tedesco non era il solo candidato in lizza come inviato speciale per le Pmi, responsabilità inedita annunciata sei mesi fa da von der Leyen nel pacchetto di misure destinate a semplificare la vita delle imprese. Oltre a lui, per la remunerativa funzione erano in corsa l’eurodeputata ceca Martina Dlabajová, liberale (che nel frattempo ha presentato ricorso contro l’esclusione), e Anna Stellinger, a capo della confederazione delle imprese svedesi.

Le due donne, secondo le indiscrezioni, avrebbero ottenuto punteggi parecchio più alti nella valutazione di un comitato indipendente e avrebbero garantito un riequilibrio di genere e geografico negli incarichi apicali. Insomma, arrivato terzo su tre, Markus Pieper sarebbe comunque stato pescato dal cilindro per volere diretto di von der Leyen e per tramite di un altro democristiano, l’austriaco Johannes Hahn, commissario al Bilancio e all’amministrazione, che ne ha formalmente avanzato l’investitura. Bypassando non solo il parere del commissario responsabile, il francese Thierry Breton titolare del Mercato interno - che, assente quel giorno, avrebbe preferito Dlabajová - ma pure il normale iter che prevede una discussione preliminare tra i capi di gabinetto alla vigilia della riunione. Adesso, con una lettera indirizzata a von der Leyen e datata 27 marzo, sono tre pesi massimi dei socialisti a fare squadra con Breton per chiedere che il “Pieper-gate” venga discusso «quanto prima»: lo spagnolo Josep Borrell, capo della diplomazia Ue, l’italiano Paolo Gentiloni (Economia) e il lussemburghese Nicolas Schmit (Lavoro, che del centrosinistra è pure il candidato alla presidenza della Commissione). «Questa nomina ha sollevato interrogativi sulla trasparenza e l’imparzialità del processo di selezione», scrivono. 


L’INTERPELLANZA
All’attacco è partito anche il Parlamento Ue: un mese fa, vari esponenti di quattro diversi gruppi (socialisti, liberali, verdi e sinistra) avevano interpellato in maniera urgente, ma ancora oggi senza risposta, la Commissione per chiedere se «l’affiliazione politica del candidato prescelto avesse giocato un ruolo decisivo». Sebbene il portavoce dell’esecutivo Ue si sia affrettato a chiarire, ieri, che «la selezione si è svolta in piena conformità con le procedure», tra una settimana l’Eurocamera potrebbe calendarizzare un dibattito d’urgenza. E invitare, con un voto formale, von der Leyen a tornare sui propri passi: nel discarico del bilancio, cioè la verifica su come sono spesi i fondi del budget Ue, dovrebbe essere esaminato un emendamento per invitare l’esecutivo Ue a «correggere la situazione, revocando la nomina e avviando un processo realmente trasparente e aperto per scegliere l’inviato Ue per le Pmi».

Non è chiaro se ci sarà una maggioranza che approvi la richiesta, vista l’opposizione del centrodestra e le titubanze di alcuni liberali, ma andare alla conta rischia di esporre la presidente della Commissione al fuoco amico e ai (crescenti) ripensamenti di chi non la vede più come la candidata naturale e inevitabile al timone di palazzo Berlaymont per i prossimi cinque anni. Non sono, dopotutto, settimane facili per la tedesca, che oltre al “Pieper-gate” deve fare i conti con un ritorno di fiamma del “Pfizer-gate”: la Procura europea sta, infatti, indagando su presunti illeciti nei rapporti diretti con l’ad della casa farmaceutica Albert Bourla al tempo delle trattative per la fornitura di vaccini anti-Covid.
 

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