Fine vita, Salvini: «Bene il no in Veneto. Rapporto con Meloni? Sereno. A Renzi invidio i 3 milioni all'anno»

«La Lega non è una caserma, c'è libertà di pensiero. Per me è bene che sia finita così»

Fine vita, Salvini: «Sulla legge bene il no in Veneto. Il rapporto con Meloni? Sereno»
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 17 Gennaio 2024, 10:54 - Ultimo aggiornamento: 16:00

«La mia posizione è assolutamente chiara: la vita va tutelata dalla culla alla fine, bisogna garantire tutte le cure necessarie alle future mamme e a coloro che sono in difficoltà alla fine dei loro giorni però senza arrivare ai livelli olandesi. Il Consiglio Regionale Veneto ha votato, hanno vinto i no, dal mio punto di vista avrei votato anch'io in quel senso lì». Lo ha detto il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ad Agorà, circa la bocciatura della legge sul fine vita in Veneto. «La Lega non è una caserma, c'è libertà di pensiero. Per me è bene che sia finita così», ha concluso Salvini.

Fine vita, non passa la legge in Veneto: centrodestra diviso. Zaia: «Per i malati terminali la procedura è già possibile»

Salvini: «Il rapporto con Meloni? Sereno»

«Non c'era Tajani» nell'incontro di ieri, «ho parlato con Giorgia, c'era solo Giorgia».

Ha aggiunto il vicepremier. «Abbiamo parlato dell'agenda di governo, le ho raccontato di cosa abbiamo al Mit di interesse per i cittadini. Poi ovviamente abbiamo parlato di regionali e quindi contiamo di andare uniti e vincere. Per me è sempre meglio sostenere l'uscente» ma «troveremo l'accordo», ha detto il vicepremier, sottolineando che «il terzo mandato è una questione di democrazia». E poi rispondendo alla domanda: Con Meloni siete sereni? Ha detto: «Assolutamente».

La battuta su Renzi

«A Renzi invidio il 740 da 3 milioni di euro all'anno». Così, con una battuta, il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ad Agorà, rispondendo ad una domanda sull'ex premier.

Fine vita, cosa è successo: il voto e le divisioni

In Veneto non passa la legge sul suicidio medicalmente assistito per i malati terminali: finisce 25 a 25 la 'contà dei voti, con la spaccatura della maggioranza di centrodestra guidata da Luca Zaia. Ma è come se avessero 'vintò i contrari alla norma sul fine vita, portata in Consiglio dall'associazione 'Coscionì con 9mila firme. Perchè Fratelli d'Italia e Forza Italia, grazie anche ad una defezione nel Pd, hanno fatto valere il loro veto sulla legge «di civiltà» per la quale si era speso in prima persona il governatore Luca Zaia, annunciando il proprio sì, ma lasciando libertà di coscienza ai suoi, un plotone di 30 consiglieri, tra Lega di Salvini e Lista del presidente. Derminanti sono state le 3 astensioni, due della Lista Zaia, ed una del Pd, la consigliera Anna Maria Bigon. La loro partecipazione alle operazioni di voto ha portato però a 26 la quota necessaria per il passaggio con maggioranza assoluta dei presenti, che non è stata raggiunta. Il Veneto, in caso fosse passata la legge, sarebbe stata la prima Regione a dotarsi di una normativa in materia. La novità più rilevante - con la legge che ora torna in commissione - era quella di imporre un termine massimo di 27 giorni alle Asl nel dare una risposta ai malati con patologie irreversibilii che chiedono alla sanità pubblica di accedere al trattamento per la morte volontaria. Una possibilità, tuttavia, che resta intatta, perchè stabilita da una sentenza della Consulta del 2019, intervenuta proprio su un vuoto legislativo. «La legge non passa a parità di voti, 25 contro 25, e torna in commissione - ha osservato Zaia - Questa è la democrazia. Dopodiché domani mattina i pazienti terminali, alla luce della sentenza della Consulta, sanno che possono chiedere comunque l'accesso al fine vita. È la prova provata che questa proposta di iniziativa popolare non serviva ad autorizzare il fine vita, ma stabiliva i tempi per le risposte». «Massimo rispetto per i consiglieri, ci mancherebbe - ha aggiunto - soprattutto su un tema etico è fondamentale che tutti abbiano libertà di pensiero e di espressione. La mia parte politica ha lasciato totale libertà di pensiero e di espressione, penso lo si potrà evidenziare dalle votazioni». Con quelli del Pd, del Moviento 5 Stelle, dei Verdi e degli altri gruppi di opposizione, il voto a favore era stato espresso anche da 11 consigglieri della Lista Zaia, più lo stesso governatore, oltre che da quattro della Lega. Ma che non ci fosse spazio di mediazione tra i gruppi della maggioranza, lo aveva fatto capire in mattinata l'intervento del capogruppo di Fdi, Daniele Polato. «Fratelli d'Italia dall'inizio ha dichiarato il proprio voto contrario - ha spiegato - Non siamo mai entrati nel tema specifico del provvedimento, ma dall'inizio siamo entrati nel tema della sua costituzionalità o meno. L'Avvocatura di Stato ne ha dichiarato i profili di illegittimità. Il Consiglio regionale viene chiamato a votare un provvedimento che già parte in origine con una dichiarazione dello Stato che dice 'molto probabilmente faremo ricorsò». Alla fine la capogruppo del Pd, Vanessa Camani, non si lascia sfuggire una stoccata al presidente che da 15 anni governa la Regione: «come Pd abbiamo sostenuto convintamente questa proposta. Emerge il dato politico che le parole e le indicazioni del presidente Zaia sono cadute nel vuoto da parte di oltre la metà della sua maggioranza: una spaccatura profonda che non può essere giustificata dalla libertà di coscienza». La capogruppo Dem guarda però con amarezza anche al suo interno: «siamo molto dispiaciuti - dice infatti - per il voto espresso dalla consigliera Bigon, alla quale abbiamo riconosciuto piena legittimità e libertà. Detto ciò, il rammarico sta nel fatto che la consigliera, pur consapevole che il suo voto avrebbe fatto da ago della bilancia, cosa che le è stata ricordata, non abbia optato per una scelta diversa, dimostrando così un atteggiamento non rispettoso e che acuisce le distanze all'interno del gruppo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA