Alemanno e Santoro: c'è vita a destra e sinistra di Meloni e della coppia Schlein-Conte

Costretti nei panni di governo (o dell'opposizione responsabile) i partiti vedono crescere al loro fianco movimenti più radicali. Per intercettarli, si alternano toni diversi, talvolta opposti. Ma non sempre basta

Alemanno e Santoro: c'è vita a destra e sinistra di Meloni e della coppia Schlein-Conte
di Riccardo Palmi
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Martedì 29 Agosto 2023, 19:33 - Ultimo aggiornamento: 1 Settembre, 15:36

«Pas d'ennemis à gauche», non si devono avere nemici a sinistra. Lo stesso, a parti inverse, a destra. Messa così sembra facile: in realtà i casi Vannacci e Alemanno (per la destra) ma anche Santoro a sinistra evidenziano che farsi concavi e convessi, istituzionali e di piazza, non è così semplice. 

Il fronte a destra di Meloni

"Il mondo al contrario" di Roberto Vannacci ha attirato parecchie critiche ma è diventato una sorta di manifesto politico della nutrita minoranza (se non addirittura maggioranza) silenziosa che si oppone ad ambientalismo, accoglienza dei migranti, diritti civili. Che fare, concentrarsi sui passaggi più forti e controversi (ma anche sull'opportunità che un militare pubblichi un libro così) oppure rivendicare la ribellione contro il politicamente corretto? Giorgia Meloni ha scelto di tacere ma in FdI ci sono molti sostenitori di Vannacci (o quantomeno sostenitori del fatto che il generale possa dire ciò che pensa), lasciando il ministro della Difesa Crosetto in minoranza. Del silenzio della premier ha approfittato Matteo Salvini, "adottando" il generale: se il ruolo della destra di governo spetta soprattutto a Meloni, tanto vale puntare ai voti di quella di piazza.

A maggior ragione se poi in Europa i popolari, per andare con loro, ti impongono l'abiura a Marine Le Pen, magari per finire a votare il presidente della Commissione europea con i socialisti. 

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Da quando Giorgia Meloni è andata a governare, alla sua destra si fa sempre più forte un ritornello: «E' diventata atlantista, europeista, per il libero mercato». Un brusio inizialmente di qualche partito più estremista, che ha poi preso piede anche in altre aree di pensiero della destra-destra. Del resto, è evidente che la premier, passando da forza di opposizione a partito di governo, abbia dovuto almeno in parte cambiare pelle: meno di lotta, più di governo. Sono i suoi, allora, ad alzare ogni tanto i toni, come Giovanni Donzelli e altri fedelissimi con Vannacci («in un mondo libero si scrive ciò che si pensa»).

Una strategia che funziona (lo dicono i sondaggi) ma che porta a concedere qualcosa. A dieci mesi dal suo insediamento a Palazzo Chigi, ecco spuntare chi si propone come «più a destra» di Meloni, come Gianni Alemanno e il suo Movimento per l'Italia, che punta sull'opposizione alla guerra in Ucraina e sui temi cari alla destra sociale. A fine luglio, le prove generali a Orvieto. «Se il governo Meloni non ci ascolta, in autunno siamo pronti ad occupare quello spazio potenziale del 10% che il sondaggio di Noto ci attribuisce», ha affermato l'ex sindaco di Roma. L'obiettivo è quello di coinvolgere «le voci del dissenso», come gli ex no-vax o no-green pass ma anche il mondo pacifista e cattolico. No alla guerra in Ucraina, sì al salario minimo. E ancora, no alla Nato, sì alla via della Seta con la Cina. Meno mercato libero, più interventismo statale. Questo movimento si misurerà alle prossime elezioni europee, nel giugno 2024? Alemanno dice di no, vedremo. 

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La situazione a sinistra

A sinistra, con sfumature diverse, lo stesso scenario. Lo schema era: Elly Schlein parla all'ala movimentista e non lascia praterie al M5s, Bonaccini tiene a bada quella più riformista. Con questa formula il Pd sperava di tenere a distanza i pentastellati di Giuseppe Conte, senza perdere la propria anima istituzionale. La guerra in Ucraina, però, ha sgombrato il terreno da troppe complessità. O sei per l'invio delle armi a Kiev, o sei contrario. La segretaria Schlein invece punta al sostegno all'Ucraina ma senza giocarsi l'ala pacifista più a sinistra (che comprende anche parte dei cattolici). In questo senso va letta la nomina di Paolo Ciani a vice-capogruppo alla Camera di qualche mese fa: un esponente di un partito fuori dal Pd (Demos) legato a Sant'Egidio e contrario all'invio di armi.

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Così si deve intendere il dialogo costante con Conte, che le procura parecchi grattacapi interni. Un esempio? Le rivolte dei riformisti dem dopo il saluto al leader del M5s prima del corteo poi diventato famoso per l'invito di Beppe Grillo a fare le «brigate di cittadinanza» e mettere il «passamontagna». Per Schlein e Conte però crescono anche altri rivali a sinistra, come Michele Santoro con il suo movimento per dire «no alle armi» che va dall’ex senatore comunista Raniero La Valle alla scrittrice Ginevra Bompiani e all’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris (che però si è già smarcato). Una lista per dare «rappresentanza politica a tutti i pacifisti che per ora non ce l’hanno» ma senza andare «contro nessuno, né Schlein né Conte, né Fratoianni». 

«Un risultato possibile tra il 3 e il 5% stimato un mese fa, cioè a lista ancora inesistente, non mi pare affatto male», ha affermato il giornalista. Nel non detto c'è anche la volontà di intercettare i voti del fronte anti-Nato (e soprattutto anti-americani) che in Italia esiste e in queste occasioni ritorna. Con il paradosso che, se scendessero entrambi in campo, Alemanno e Santoro finirebbero per contendersi parte dello stesso elettorato.

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