Gigi Riva: «Rifiutai un miliardo dalla Juve, ma ormai non seguo più il calcio. Le donne? Facevano follie per me»

Rombo di Tuono ha ricordato i suoi anni a Cagliari e non solo

Gigi Riva: «Rifiutai un miliardo dalla Juve, ma ormai non seguo più il calcio. Ammiratrici? Facevano follie per me»
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Mercoledì 28 Giugno 2023, 15:09 - Ultimo aggiornamento: 29 Giugno, 17:01

La leggenda di Gigi Riva, in Sardegna, non si è mai spenta. Il suo sinistro è ancora vivo nella memoria storica di un popolo intero. Grazie a lui nel 1970 il Cagliari conquistò il suo unico scudetto. In una lunga intervista al Corriere della Sera, "Rombo di Tuono" ha ricordato le emozioni di quel lontano 12 aprile: «Lo scudetto è sicuramente il mio ricordo più bello. Avevamo festeggiato con tutta la squadra. Gli scapoli vivevano insieme in una foresteria e i tifosi venivano anche di notte a tenerci svegli. Le mie ammiratrici hanno fatto delle vere e proprie follie, cose che non erano normali».

 

Lombardo di nascita, ma ormai sardo d'adozione: «Io sono sardo perché sono di poche parole, spesso e volentieri ho il muso, mi preoccupo per i problemi di questa terra bellissima e reagisco a modo mio.

Quello che ha reso per me tutto speciale è che ero sardo tra i sardi: ovunque andassi, da Alghero o Sassari a Cagliari, ero uno di loro».

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L'intervista

«Le partite più belle erano quelle importanti», ha raccontato, «quelle di campionato contro Juventus, Milan e Inter: quando le battevi era una bella soddisfazione». E proprio alla Juve arrivò il gran rifiuto di Riva, che disse no al miliardo offerto dai bianconeri: «Quando Arrica, il mio presidente, scoprì che non andavo, non fu contento per niente. Ma non sono testone: io ero una persona chiusa, avevo avuto un’infanzia tragica, i miei genitori erano mancati presto. Poi sono venuto a Cagliari e abbiamo costruito una gran bella cosa: lo scudetto era il sogno di ogni squadra». Vivissimo il ricordo di Manlio Scopigno, l'allenatore che li condusse al titolo: «È stato un maestro, un fratello maggiore: mi ha insegnato a vivere. Mi diceva: perché ti incavoli? Vieni, risolvi il problema. Lo sogno ancora».

Riva però (proprio come un'altra leggenda del calcio italiano, Roberto Baggio) si è ormai allontanato dal mondo del pallone: «Non seguo più il calcio. Cagliari a parte, mi piace solo la Nazionale: ora, dopo il buio, si è rimessa a posto. Allo stadio non ci tornerò mai più. Mi piglia l’agitazione. Invece mi devo mettere in testa che la vita è questa. Nonostante tutto però ho telefonato a Ranieri (l'attuale allenatore del Cagliari, ndr) prima della partita con il Bari. Mi raccomando, gli ho detto, guarda che tutta l’Isola è a tuo favore. Lui era un po’ commosso e un po’ teso per la gara».

Il Pallone d'Oro assegnato a Rivera invece che a lui però non lo ha proprio digerito: «No, non ancora. Mi era stato promesso che l’anno dopo sarebbe toccato a me e poi invece mi sono fatto male». Un'ultima battuta è dedicata a due leggende scomparse recentemente, Maradona e Pelè: « La loro morte mi ha fatto effetto. Alla mia età prima di dormire sei un po’ teso al pensiero: non è che la morte sia una grande cosa. La depressione va e viene. Ma adesso l’ho un po’ superata».

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