Claudia Pandolfi: «La mia paura è che ogni film sia l'ultimo»

L'attrice è al cinema con Alessandro Preziosi con il film "Mio fratello, mia sorella"

Claudia Pandolfi: «La mia paura è che ogni film sia l'ultimo»
di Gloria Satta
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Sabato 9 Ottobre 2021, 07:37 - Ultimo aggiornamento: 15:25

Si parte con un funerale, si finisce con un abbraccio. In mezzo, l'incontro-scontro tra un fratello e una sorella che si sono ignorati per 20 anni ma ora sono costretti, per volontà del padre defunto, a coabitare nella stessa casa. Si salvi chi può. Lei, Tesla, apprensiva madre single di un ragazzo schizofrenico, è Claudia Pandolfi. Lui, Nick, fascinoso scapestrato che vive di kitesurf, è Alessandro Preziosi. Sono i protagonisti del film Mio fratello, mia sorella di Roberto Capucci, incalzante dramedy disponibile su Netflix, nel cast Francesco Cavallo, Ludovica De Martino, Stella Egitto, Caterina Murino. Claudia, 46 anni, due figli, interpreta Tesla con la passione febbrile, sempre vera e generosa, che da un trentennio mette in ogni suo personaggio. Ma questa volta, rivela l'attrice romana, c'era una motivazione in più.

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Quale?
«Ho interpretato il film perché racconta un percorso umano coinvolgente, molto vero, all'interno di una famiglia».


Quanto è importante per lei la famiglia?
«È tutto.

L'isola felice, il posto sicuro a cui tornare sempre. A 10 anni, ancora figlia unica, chiesi a mamma e papà di farmi una sorellina. Nacque Enrica, a cui sono tuttora legatissima. E i miei mi hanno appoggiata fin da quando, a 17 anni, decisi di fare l'attrice proteggendomi dal mondo che avrei trovato fuori».


E com'era quel mondo?
«Feroce. La rapidità con cui sono sbarcata nel cinema così giovane è stata destabilizzante. Per fortuna non ho mai smesso di sentire la discreta presenza dei miei genitori».


È mai stata molestata?
«Nessuno è arrivato a tanto. Il fatto che, sia pure giovanissima, non fossi disposta a vendermi ha spiazzato gli uomini di potere. Ho imparato presto a farmi rispettare. Ed è stato bellissimo».


Perché?
«La voglia di prendere le parti dei più deboli non me la sono più scrollata di dosso. Con gli anni ho imparato ad essere più diplomatica ma gli abusi di potere mi mandano ancora in bestia. Di recente, sul lavoro, ho visto un ragazzo angariato da un adulto: mi sono messa in mezzo e l'ho difeso. Ma non mi sento una pasionaria».


Le quote rosa aiutano le donne ad affermarsi senza ricatti o compromessi?
«Non c'è niente di più sbagliato, più umiliante della discriminazione positiva. Le quote rosa sottolineano la presunta inferiorità femminile. Deve andare avanti il merito, non il sesso. È un concetto che, grazie al cielo, mi è stato inculcato in famiglia dove i maschi non si sono mai sentiti superiori a noi femmine».


Nel film la sua Tesla si preoccupa esageratamente del figlio, vuole il controllo totale: lei che mamma è per Gabriele, 15 anni, e Tito, 5?
«È difficile mettermi da parte ma sto molto attenta a non invadere la loro vita, tanto che a volte il grande mi rimprovera di essere troppo morbida».


Ha incontrato delle mamme di ragazzi con disturbi psichici?
«Si, prima del film. In una clinica per malattie mentali ho ascoltato queste donne, con discrezione e rispetto, per conoscere una storia diversa dalla mia. È stato doloroso interpretare Tesla. Ma una volta tornata a casa sono tornata Claudia. Non mi lascio occupare dai personaggi».


È soddisfatta della carriera?
«Ne sono entusiasta. Adoro questo mio lavoro sovversivo, assurdo, intenso. Ma la paranoia di perderlo non mi abbandona. Di ogni interpretazione penso sia l'ultima».


Non sembra il caso: sarà nel film Siccità di Paolo Virzì e nelle serie Un professore e The Bad Guy. Di cosa va più fiera?
«Di lavorare da 30 anni con disciplina e professionalità, senza mai mancare di rispetto a nessuno. Non ho frequentato una scuola di recitazione, ma la serietà l'ho imparata il primo giorno».

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