In piazza per l'Ucraina dieci sindaci ma pochi cittadini

In piazza per l'Ucraina dieci sindaci ma pochi cittadini
di Andrea Apruzzese
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Domenica 6 Marzo 2022, 08:45

LA MANIFESTAZIONE
«Mi sembra che la mia vita sia finita: ho lasciato là la mia casa, i miei amici, anche una mia amica che non ha genitori, non ha nessuno, è rimasta sola e quando suonano le sirene deve scendere, 4-6 volte al giorno, sottoterra per nascondersi. Io vi prego di chiuderci il cielo (la no-fly zone, ndr), questa non è guerra, questo è terrorismo, stanno uccidendo donne e bambini, le donne partoriscono sottoterra, la gente non ha nulla da mangiare, chiusa per giorni sottoterra e non può uscire perché Putin lancia le bombe. Vi preghiamo di aiutarci».
LE STORIE
Lei è Alina, è arrivata a Latina nella notte tra venerdì e sabato da Leopoli, e tra le lacrime e con la voce rotta dal piano racconta la sua odissea, uguale a quella di milioni di altri profughi ucraini che fuggono dalla guerra: «Ho visto tutte quelle madri con i bambini in mano che scappavano, verso la Polonia, verso l'Ungheria. Io ho fatto tre giorni di viaggio con il pullman, sono stata ferma al confine con l'Ungheria per più di un giorno intero, perché l'Ungheria non ci ha fatto passare perché dice che non può più accettare rifugiati, gli può solo dare il passaggio per arrivare dall'altra parte dell'Europa». Ora Alina è a Latina, come altri 30 profughi giunti finora dal Paese martoriato dall'invasione russa che lei ha raccontato, ieri pomeriggio, nella manifestazione Insieme per la pace, organizzata in piazza del Popolo dal Comune e dal Forum dei giovani. E il coordinatore del tavolo per i Diritti civili del Forum, Oleh Opryshko, anch'egli ucraino, le ha fatto eco: «Mio papà è di Leopoli, mia mamma è di Lugansk. Non ci sono le città che parlano ucraino o parlano russo: esistono le città che stanno respingendo fuori il nemico. La nostra comunità sta chiedendo che la Nato faccia una no-fly zone per intercettare gli aerei e i missili russi. Sono anni che la Russia sta scatenando conflitti in Europa, pensiamo al popolo moldavo, al popolo georgiano, al Nagorno Karabakh, alla nostra Crimea. Almeno dateci i vostri aerei militari. E portate a termine il processo di ingresso dell'Ucraina nell'Ue».
SOLIDARIETA'
Un evento cui hanno partecipato dieci sindaci della Provincia, «in rappresentanza di tutti i colleghi», ha detto il primo cittadino del capoluogo, Damiano Coletta, che si rivolge ai «fratelli e le sorelle ucraine. Siamo qui, a ricordare un valore importante, che è quello della dignità dell'uomo: non esiste alcuna motivazione che possa negare la dignità dell'uomo e la guerra è la più grande vergogna dell'umanità. Siamo qui per non farvi sentire soli. C'è bisogno di aiuto, di mettersi a disposizione dell'altro e lo stiamo facendo, ci stiamo organizzando. Non è semplice, perché al di là della generosità dei nostri cittadini, c'è bisogno di farmaci, indumenti, cibo, e dobbiamo trovare i canali istituzionali per farli arrivare». Latina sta infatti raccogliendo tonnellate di materiale, da cibo a farmaci a coperte, a pannolini, a vestiti (tutte le informazioni per fornire assistenza sono disponibili sul sito del Comune). Ma permane il problema di farli arrivare in Ucraina in sicurezza. «Mettiamo a disposizione i nostri uffici - ha proseguito Coletta - nell'ambito di una rete di accoglienza: c'è la possibilità di ospitare le persone che stanno uscendo dall'Ucraina, bambini, donne, anziani, c'è l'assistenza sanitaria, per tamponi e vaccinazioni anti Covid, e per altre patologie, e un sistema di assistenza scolastica per i più piccoli, per imparare la lingua. Noi cerchiamo di costruire ponti per la pace». Accanto a lui, ci sono sindaci e rappresentanti istituzionali di Sermoneta, Sonnino, cisterna, Roccasecca, Cori, Maenza, Sezze, Roccagorga, Aprilia. Ad ascoltarlo, oltre un centinaio di persone, soprattutto della comunità ucraina di Latina, mentre gran parte del resto della città sembra non avere recepito l'invito del Comune. È Maria Gabriella Taboga, coordinatrice del Forum dei Giovani, a sottolineare come «tutti siamo chiamati a dare un segnale di pace, di umanità, in questo momento non c'è nulla che non ci possa riguardare».

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