In 5 anni tasse giù di 30 miliardi ma esplodono i “balzelli” locali

In 5 anni tasse giù di 30 miliardi ma esplodono i “balzelli” locali
di Andrea Bassi
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Martedì 29 Maggio 2018, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 31 Maggio, 10:54
ROMA Gli ultimi cinque anni, quelli della passata legislatura, hanno portato ad una riduzione delle tasse “netta” per cittadini e imprese di 30,3 miliardi di euro. Un risultato che però, avrebbe potuto essere più “rotondo”, di quasi 53 miliardi, se ai tagli di Irpef, Ires e Irap, non avesse fatto da contrappeso un aumento di 22,5 miliardi delle tasse locali. Non l’addizionale locale sull’Irpef, bloccata negli ultimi anni per decisione dei governi che si sono succeduti, ma una serie di balzelli che nelle statistiche del dipartimento delle finanze vengono confinati alla voce «Altre territoriali», dove la parola “tasse” è sottintesa. Dentro ci sono le varie Tari, Tarsu, Tasi, e altri tributi minori, che in cinque anni, dal 2013 al 2017, hanno visto triplicare il loro peso sul Pil: dallo 0,68% del 2013 all’1,99% del 2017. Ad analizzare le statistiche fiscali della passata legislatura, in quella che è stata definita una «pagella fiscale», è stata la Fondazione nazionale dei dottori commercialisti. Nel documento si spiega che nella diciassettesima legislatura, quella che ha visto susseguirsi i governi Letta, Renzi e Gentiloni, la pressione fiscale esercitata sul Pil è passata dal 43,7% del 2013 al 41,9% del 2017. Una riduzione di 1,8 punti percentuali, che in valori assoluti equivale ad una minore pressione fiscale di 30,4 miliardi di euro. 

I RISULTATI
Nello studio dei Commercialisti si sottolinea come le entrate tributarie che hanno fatto registrare le riduzioni più significative in termini di incidenza sul Pil, sono quelle che nel corso della legislatura, sono state oggetti degli interventi di riduzione: dall’Irpef, con il bonus da 80 euro voluto dal governo Renzi, al taglio dell’Irap, con l’introduzione della deducibilità del costo del lavoro dalla base imponibile, fino all’Ires, la tassa sulle imprese la cui aliquota è stata ridotta dal 27,5% al 24%. In termini assoluti l’Irap si è ridotta di 14,5 miliardi, l’Irpef di 14,1. Ovviamente su queste cifre ha inciso non solo il taglio delle tasse, ma anche la ripresa economica. Se il Pil cresce, le entrate crescono in automatico. Una delle imposte il cui gettito continua a crescere, invece, è la “flat tax” sugli affitti, la cedolare secca, che ha guadagnato altri 900 milioni di euro. In questo caso, però, il ragionamento è diverso: la cedolare ha tagliato le tasse sugli affitti, il gettito è cresciuto soprattutto perché è emerso il “nero”. Un inasprimento nella tassazione, e in questo caso è stata una decisione politica, si è avuto nel settore dei giochi, che ha subito nella legislatura una stretta di 900 milioni di euro. Ma c’è soprattutto, sottolinea la Fondazione dei Commercialisti, il balzo delle tasse nel sottobosco della miriade di tributi minori e di tariffe di Regioni ed enti locali, cresciuta, come detto, di oltre 22 miliardi di euro. 

IL GIUDIZIO
Ma se il risultato in termini assoluti può anche essere giudicato positivo, l’impatto che ha avuto sulle fasce della popolazione è stato «asimmetrico». L’Irpef ha premiato chi guadagna meno di 26 mila euro, l’Irap e l’Ires, soprattutto le aziende medie e grandi. Pensionati, lavoratori autonomi e ceto medio, spiegano i Commercialisti, hanno subito un aumento della tassazione locale senza avere nessun beneficio in quella dello Stato, al netto dell’esenzione della Tasi sulla prima casa. Quello che emerge dallo studio, sottolinea il presidente dell’Ordine dei dottori Commercialisti Massimo Miani, «è un quadro importante da avere chiaro per tutte le forze politiche, per non disperdere quanto di buono è stato fatto laddove è stato fatto, e per dare la giusta e doverosa priorità a interventi mirati verso chi è stato sino ad oggi trascurato». Un messaggio che, a questo punto, torna utile soprattutto per la prossima campagna elettorale. 
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