Su Tobruk il pressing italiano: «Subito l’ok al governo di unità»

Su Tobruk il pressing italiano: «Subito l’ok al governo di unità»
di Marco Conti
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- Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 11:26
«Operazioni scoordinate e fuori da un quadro di legittimità internazionale rischiano di saldare il Daesh a chissà quante delle diciassette tribù che in questo momento controllano la Libia». A palazzo Chigi, come alla Farnesina, non vogliono sentir parlare di piano ”B” per la Libia. Non perchè non esista, tantomeno non perché non ci sia chi abbia interesse ad una Libia divisa in tre anche tra le forze che attualmente combattono gli uomini del Califfo. Semplicemente, sostengono, perché «non è praticabile» e «non si può andare contro le richieste degli stessi libici» che in questo momento stanno faticosamente provando a metter su un governo.
 
LA MORTE DI GHEDDAFI
L’esperienza del caos provocato nel 2011, quando bombardammo obtorto collo la Libia insieme a francesi e inglesi e Gheddafi fu cacciato e ucciso, scotta ancora. Gli interessi in gioco sono però tanti da spingere per soluzioni brevi che però rischiano di incendiare ancora l’area. Si aspetta, quindi, che lunedì il parlamento di Tobruk voti la fiducia al nuovo governo, ma non incrociando le dita. Sui cieli della Libia incrociano droni e caccia bombardieri americani e francesi, mentre l’Italia ha messo a disposizione la base di Sigonella. Oltre non si pensa di andare se non dietro esplicita richiesta del governo unitario di cui si attende che venga al più presto alla luce. 

L’IMPEGNO ITALIANO
L’Italia su questa linea ci ha messo la faccia più volte e non solo con il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, ma anche con il capo dello Stato. Sergio Mattarella, nella sua recentissuma visita a Washington, lo ha ribadito alla presenza del presidente americano Barack Obama. In quella occasione la cautela del nostro Capo di Stato su un intervento militare fuori dell’orbita delle Nazioni Unite, è stata condivisa dal presidente americano insieme al riconoscimento della leaderhip italiana nella missione di sicurezza del Paese che dovrebbe partire subito dopo la nascita di un governo unitario. I rischi connessi all’avanzare del Daesh vengono valutati sulla base dell’evoluzione del confronto politico interno tra il parlamento di Tobruk e quello di Tripoli. Niente forzature, quindi. L’Italia è e resta in prima linea per cercare una soluzione e di questo di parlerà anche oggi nel Consiglio Supremo di Difesa convocato dal Capo dello Stato per discutere, con il presidente del Consiglio Renzi e con i ministri di Difesa e Esteri Pinotti e Gentiloni, proprio della crisi libica e del sostegno per la formazione di un governo di accordo nazionale.
Di contrasto al terrorismo e la lotta ai trafficanti di esseri umani si parlerà anche alla luce del recente viaggio a Washington di Mattarella e del Consiglio Europeo del 7 marzo che si occuperà di migranti. La prossima settimana i ministri Gentiloni e Pinotti dovrebbero riferire in commissione Difesa della Camera, presieduta da Francesco Garofani, sulla situazione libica. L’uso della base di Sigonella da parte degli americani e il via libera «caso per caso», come ha sostenuto Renzi, al decollo dei droni, «non prelude quindi ad un intervento militare», spiegano al ministero della Difesa. la risposta diplomatica resta la priorità anche se il tempo stringe e c’è da tempo la consapevolezza che, quando ci saranno le condizioni, sarà impossibile evitare un intervento via terra. 

AZIONI DI SOSTEGNO
L’Italia, che da tempo spinge per coordinare le operazioni, è pronta ad azioni di sostegno e di addestramento del futuro e nuovo esercito libico, ma attende da Tripoli quel segnale che il rebus politico esistente in Libia non permette da mesi. Niente soluzioni ”combact” fuori dal quadro della seppur vaga risoluzione dell’Onu, ma soprattutto nessuna azione militare che non sia condivisa ora con le tribù libiche e un domani con il governo di Fayez al-Sarray.
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