Sicilia, niente spending: l'Ars chiusa per pre-ferie

Sicilia, niente spending: l'Ars chiusa per pre-ferie
di Antonio Calitri
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Sabato 23 Maggio 2015, 23:44 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 00:18
Assaggio di vacanza di fine primavera per i 90 consiglieri regionali siciliani (che si fanno chiamare deputati regionali) che per ragioni elettorali sono andati in pausa lo scorso 20 maggio e vi resteranno fino al prossimo 9 giugno. Ben 20 giorni, quasi il doppio di quella dei parlamentari nazionali che per partecipare alla campagna elettorale di ben sette amministrazioni regioni e 746 comuni, hanno sospeso i lavori delle aule di Camera e Senato da giovedì scorso fino al prossimo 3 giugno, 11 giorni in tutto.

E dire che in Sicilia si vota soltanto per 53 comuni di cui appena due capoluoghi come Enna e Agrigento. Un impegno che permetterebbe in linea teorica la permanenza di due deputati a tempo pieno in ogni comune per i prossimi sette giorni che mancano alle urne. Cosa che naturalmente non succederà visto che la maggior parte dei consiglieri si limiterà a girare e fare qualche comizio nel proprio territorio elettorale. Dopo tutto questo impegno sfiancante, vista la stanchezza, i deputati regionali hanno aggiunto altri nove giorni di pausa per il recupero. Tempo del tutto ingiustificato o meglio, giustificato solo per partecipare ancora più intensamente alla campagna elettorale di quei comuni che andranno al ballottaggio il prossimo 14 giugno. Così i molti critici della lunga pausa l'hanno ribattezzato come un assaggio di ferie, visto che dopo meno di due mesi dal loro rientro in Ars, i consiglieri siciliani potranno andare in vacanza per davvero e per un altro mese e mezzo, come accadde lo scorso anno quando finirono la pausa agostana il 16 settembre.

Una pausa che il sindacato Cobas-Codir ha bollato come «uno spettacolo indecente che continua a gettare discredito su un parlamento (l'Ars, ndr) che rischia di passare alla storia come il parlamento dei fannulloni. Un lusso questi venti giorni di vacanza per il quale ci chiediamo come i novanta deputati regionali non possano provare vergogna in considerazione dello stato di emergenza in cui versa la Sicilia e i siciliani e in considerazione dei lauti stipendi che l'erario sborsa ai cosiddetti rappresentanti del popolo».



PRODUTTIVITÀ A PICCO

Probabilmente però, di questi 20 giorni di assenza in pochi se ne accorgeranno davvero vista la produttività dell'assemblea regionale, da sempre tra le più basse d'Italia ma che quest'anno ha raggiunto il fondo. Dall'inizio dell'anno ad oggi infatti, il parlamentino regionale si è riunito soltanto 30 volte (con una media di una riunione ogni 4,8 giorni) ed è riuscito ad approvare appena 8 leggi (una ogni 3,75 sedute oppure una ogni 17,9 giorni, a seconda di cosa si voglia considerare). Una media che è risuscita a peggiorare quella dello scorso anno dove le leggi approvate furono 12 e le sedute 43 e addirittura quella del 2013 dove le leggi furono appena 9 e le sedute 37. Nel 2013 però ci furono le elezioni politiche nazionali e l'Ars, sensibile come si è dimostrata per gli appuntamenti elettorali, sospese i lavori dal 7 al 27 febbraio. Una pausa praticamente pari a quella di queste elezioni, che allora il sito livesicilia.it calcolò in una spesa di circa 1,2 milioni di euro che i deputati regionali incassarono in stipendio senza lavorare. Nonostante l'importanza dell'appuntamento elettorale nazionale ben più estenuante di quello di una cinquantina di amministrazioni comunali e con i consiglieri che dovevano scortare e promuovere incontri per i leader nazionali in trasferta, il riposo post elettorale per i deputati siciliani durò appena tre giorni visto che le elezioni si svolsero il 24 e 25 febbraio e la pausa elettorale finì il 27.



TAGLI RINVIATI

Certo, questa volta la pausa può sembrare anche politicamente strategica visto che consente di rinviare a dopo le elezioni uno dei disegni di legge che danneggia proprio la casta dei Comuni, quello sulla riduzione dei componenti dei consigli comunali e le indennità degli amministratori. La norma che equipara la legge siciliana a quella nazionale sul numero di consiglieri e amministratori comunali e su gettoni di questi e dei sindaci, doveva essere inserita nella legge finanziaria e avrebbe comportato un risparmio per le casse pubbliche di 48 milioni di euro l'anno e la soppressione di 1.482 poltrone. Quanto ad oggi costano in più le amministrazioni comunali siciliane rispetto a quelle del resto d'Italia. Il 22 aprile però, in commissione affari costituzionali un fronte trasversale la fece saltare, rinviando il tutto a un futuro disegno di legge che guarda caso era previsto in discussione proprio in questi giorni, prima che la pausa elettorale lo facesse rinviare. L'approvazione prima delle elezioni però avrebbe comportato la possibilità di avere effetti immediati anche sui comuni al voto. Con il rinvio invece il pericolo dovrebbe essere scampato anche per le 53 amministrazioni che si rinnoveranno il prossimo 31 maggio e il taglio, ammesso che prima o poi passi questo disegno di legge (visto che segna già un ritardo di quattro anni sui tempi previsti) se potrà avere effetto immediato per i gettoni, per le poltrone dovrebbe riguardare soltanto le amministrazioni che si andranno a rinnovare dopo l'entrata in vigore della legge.

Tra gli altri provvedimenti che saltano a causa della lunga pausa elettorale c'è quello sul servizio idrico integrato che in Sicilia che acquista una grande importanza in vista della scarsità d'acqua che d'estate colpisce la regione, quello sul recupero del patrimonio edilizio nei centri storici ma soprattutto quello sulle zone franche montane che paradossalmente era stato assegnato all'aula con la procedura d'urgenza.

Non c'è stato nessun rinvio o ritardo invece per un provvedimento salva casta. L'Ars infatti nella legge finanziaria approvata il primo maggio non ha avuto problemi a far passare la norma che prevede una finestra di tre anni, dal 2017 al 2020, per consentire a 400 dirigenti e 1.900 funzionari e dipendenti regionali di andare in pensione senza incorrere nelle penalizzazioni della legge Fornero. Una norma che con la pubblicazione sarebbe già operativa se non fosse che questa volta è stato Palazzo Chigi a chiedere chiarimenti sulla norma che potrebbe impugnare.

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