Raggi, 26 variazioni di bilancio per rinviare le opere annunciate

Raggi, 26 variazioni di bilancio per rinviare le opere annunciate
di Lorenzo De Cicco e Francesco Pacifico
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Sabato 2 Novembre 2019, 00:34 - Ultimo aggiornamento: 12:41

ROMA Nel 2016, prima di essere eletta, Virginia aveva promesso «una Città in Movimento». Impegno mantenuto in pieno se si guarda solo ai conti del Comune. Per ventisei volte la sindaca ha dovuto correggere i bilanci approvati in Assemblea capitolina. Per ventisei volte - in tre anni e mezzo di governo a Palazzo Senatorio - la giunta ha smontato pezzi della sua stessa programmazione finanziaria; spostato a data da destinarsi soldi non spesi per progetti che difficilmente vedranno la luce; congelato ingenti risorse (per multe e Tari non pagate, per i contenziosi con i fornitori, per i buchi delle municipalizzate) che diventeranno altri debiti fuori bilancio. Soprattutto ha inanellato promesse di mirabolanti opere mai realizzate. Una giostra di annunci mossa dagli stessi soldi, dirottati da un progetto all'altro. Così con la stessa variazione contabile che da un lato permette l'annuncio di nuovo fondi per il sociale, dall'altro si rimandano i lavori per la grande strada annunciati mesi prima. Togli di qua, metti di là. Moltiplicando le promesse e impantanando le opere.

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Un caos che ha del parossistico, perché Raggi e i suoi assessori hanno approvato 26 variazioni di bilancio. Un record. In barba al mantra grillino della trasparenza e al fatto che le tre giunte precedenti (Veltroni, Alemanno e Marino) si sono fermate a quindici variazioni. Ma in quindici anni.
L'ultima variazione di bilancio - la terza nel 2019 - è di tre giorni fa, valore 148 milioni. Una quarantina di pagine nelle quali l'amministrazione trova 5 milioni di euro in più per le residenze per gli anziani e 22 milioni per i progetti welfaristici dei Municipi, ma congela e rinvia all'anno prossimo 140 milioni di euro destinati alla mobilità. Parliamo - in una Roma congestionata e inquinata - dei 5,6 milioni per il Grab (il Grande raccordo anulare già finanziato) o del milione e mezzo per la futura tranvia verso l'Esquilino. «La verità - denuncia la consigliera pd Valeria Baglio - è che non sanno spendere e neppure rendicontare i flussi di cassa o fare una credibile progettazione di quello che annunciano».

Le variazioni di bilancio aiutano a fare i conti con le promesse mancate e gli annunci di quest'amministrazione. Alcune voci sembrano beffe: i 25 milioni di euro più volte rimodulati per il Giubileo della Misericordia, da spendere però quando la Porta Santa era stata già chiusa da un pezzo, oppure i quasi 7 milioni per ridare lustro allo stadio Flaminio, che rischia di crollare sotto il peso del degrado. Per non parlare dei 425 milioni di euro stanziati dal governo Gentiloni nel 2015 per la manutenzione delle metro e delle loro stazioni, che a Roma chiudono perché non funzionano le scale mobili. Il grosso dei lavori partirà, forse, nel 2020. Ogni anno poi, e in via straordinaria, sono stati erogati una cinquantina di milioni in più ai Municipi. Ma i minisindaci ne impegnano la metà. Lunghissima la lista di riqualificazioni mai partite in centro storico: oltre 5 milioni per la pavimentazione di piazza Venezia, quasi 3 milioni per via Veneto, uno e mezzo per Porta Pia, un paio per la viabilità piazza Augusto Imperatore. Ci sarebbero quasi 6 milioni per riaprire il mausoleo di Augusto e uno e mezzo per il teatro Valle, che i grillini promettono di riaprire da anni. Sempre presenti, poi in questi atti, i 7 milioni per un centro civico al Pigneto, i sei per un asilo a via del Sommergibile a Ostia, i 5 per riqualificare Corviale partendo dai giardini di via Sampieri fino ai 3 per la Portuense e i 2 milioni e mezzo per un parcheggio di scambio ad Acilia. Insomma, non sembrano esserci differenze tra Centro e periferie: ovunque non si lesinano promesse, dappertutto vige l'immobilismo. 

L'ALLARME
Apportare cambiamenti in corso d'opera al bilancio non è vietato dalla legge. Ma il Testo unico degli enti locali dà ai sindaci due strumenti, nel corso dell'anno, per aggiustare le poste e affrontare le emergenze finanziarie: il rendiconto a giugno e l'assestamento a luglio, con i quali si rimodulano l'avanzo su altre voci. Quindi, la prassi vorrebbe soltanto due modifiche. Ma a Roma le cose vanno diversamente. Nel 2018, alla decima variazione di bilancio, i grigi e severi funzionari dell'Oref, l'organo di vigilanza interno capitolino, sono sbottati e hanno richiamato la giunta a contenersi. Ma soprattutto hanno spiegato che questo caos contabile nasce dal combinato disposto tra «il perdurare di carenze relative all'espletamento delle procedure inerenti la spesa per investimenti» e la «non corretta programmazione che genera il ricorso a continue variazioni di bilancio». Tradotto, non si fanno le opere pubbliche, si ritarda la pubblicazione dei bandi, si mettono in campo progetti di difficile realizzazione, in alcuni casi velleitari.
Un qualcosa che si materializza nell'altissimo overshooting, la capacità di non spendere quanto già stanziato, che attanaglia Roma Capitale: parliamo di mezzo miliardo nel 2017 e 380 milioni nel 2018. Soldi che potevano servire per comprare autobus, rifare le strade, costruire asili nido e impianti per l'immondizia ed evitare che la Capitale resti perennemente sepolta dai rifiuti. Ma quest'anno le cose potrebbero andare ancora peggio: del miliardo di investimenti che il Comune dovrebbe mobilitare per gli investimenti, soltanto il 16 per cento è stato attivato. Se non ci sarà un'accelerazione nell'ultima parte del 2019, rischiamo un overshooting di 840 milioni. Che da soli basterebbero per rinnovare la metà del parco mezzi dell'Atac o per decuplicare le risorse destinate a rifare le strade martoriate dalle buche.

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