«Io, un cronista gentiluomo», Proietti torna con la fiction tv in cui interpreta un giornalista del Messaggero

«Io, un cronista gentiluomo», Proietti torna con la fiction tv in cui interpreta un giornalista del Messaggero
di Valentina Venturi
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Sabato 2 Aprile 2016, 01:04 - Ultimo aggiornamento: 10:52
Gigi Proietti torna in tv. Dal 5 aprile in prima serata su Raiuno l'attore romano è il protagonista della fiction Una pallottola nel cuore 2, nei panni del giornalista di cronaca nera del Messaggero, Bruno Palmieri. Quattro appuntamenti che mettono insieme commedia e giallo, condanne ingiuste e inevitabili realtà, vendette e amori proibiti. La regia è anche questa volta di Luca Manfredi e il cast è composto tra gli altri da Francesca Inaudi nei panni della figlia del giornalista, Licia Maglietta nel ruolo dell'ex compagna e da Marco Mazzocca nella parte dell'amico e collega fotografo Umberto Fiocchi. Le new entry di questa seconda stagione sono Massimo Bonetti, Enzo Decaro e Massimo Poggio. In ogni puntata, oltre a indagare su un caso specifico, Palmieri si occupa finalmente anche del cold case che lo riguarda più da vicino: si imbatte in una traccia che lo riporta al suo passato e lo spinge a cercare di scoprire chi trent'anni fa gli ha sparato quella pallottola che ha ancora vicino al cuore. 

È raro vederla in televisione.
«In effetti non faccio tanta tv. Non sono molto presente perché ho la stessa identica convinzione che avevo anni fa: non voglio annoiare. Anche se oggi pare che se non fai tv manco esisti...».

Il piccolo schermo offre qualcosa che invece manca al palcoscenico?
«Mi permette di giocare, di divertirmi e in fondo anche di fare quello che in teatro non mi capita quasi mai, cioè avere un ruolo da interpretare. Sul palcoscenico generalmente porto i miei spettacoli, metto in scena me stesso: Proietti che parla con il pubblico e fa delle “vassallate”. In televisione invece ho la possibilità di rifare il mestiere che proponevo cinquant'anni fa: l'attore che interpreta un ruolo».
 
Ha trovato qualche difficoltà?
«Prima andavo a dormì, qui invece m'è toccato alzamme per girare! Fare fiction è molto faticoso. Prima che sia efficiente sul set c'è da aspettare, ho i miei tempi, che derivano dal teatro».

Sceglierebbe mai la professione del cronista? 
«Non credo che sarei stato un bravo giornalista, tanto meno un investigatore. Mi sono chiesto se avrei potuto farlo, ma più procedevamo con le riprese e più capivo che ci vuole carattere: non sarei in grado di fare interviste né di indagare. Non mi piace impicciarmi della vita degli altri, mi vedo meglio nella parte di quello che viene indagato. Ma proprio questa incapacità mi fa amare ancora di più il mio Bruno, perché lo scopro, scopro un mestiere». 

Cosa le piace del suo personaggio?
«Di Palmieri apprezzo che metta in primo piano la ricerca della verità. Non indaga per denunciare il colpevole, ma per amore della verità. Ha un forte spirito giornalistico, che si accentua nei cold case. È la verità alla base della fiction, una merce rara. E poi ne condivido l'aspetto umano: è forte nel lavoro e tanto fragile nel privato. Gli succede di tutto e in questo mi somiglia un po'». 

In una scena Palmieri dichiara: «Non si può pubblicare sempre tutto». È d'accordo?
«Certo. Pubblicare una notizia che può danneggiare una persona, senza che ne derivi un vantaggio per la comunità è un errore. Bruno Palmieri di professione pubblicherebbe qualsiasi notizia, ma è cosciente che non si deve rovinare la vita degli altri».
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