Pier Francesco Favino: «Roma ce la può fare, non è la Suburra. L’illegalità e il malaffare sono ovunque»

Pier Francesco Favino: «Roma ce la può fare, non è la Suburra. L’illegalità e il malaffare sono ovunque»
di Gloria Satta
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Domenica 11 Ottobre 2015, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre, 09:16
«Roma ha il privilegio e la condanna di essere il crocevia dei poteri forti, ma non può venire considerata il simbolo assoluto del male: il marcio è dappertutto», afferma l’attore Pierfrancesco Favino, romano, 46 anni, che nel film di Stefano Sollima “Suburra” (nelle sale il 14 ottobre) fornisce un’interpetazione sconvolgente, una delle più incisive della sua bella carriera: fa un politico corrotto, diviso tra la connivenza con i criminali e le orge a base di droga con ragazze minorenni.



Si è ispirato a un personaggio reale, magari a uno dei protagonisti di Mafia Capitale?

«No, ho fatto riferimento al modo di comportarsi, alla ricerca della visibilità di tanti politici che abbiamo visto in azione negli ultimi anni. L’aspetto più difficile del mio lavoro di attore è stato rinunciare a piacere: il mio personaggio è imperdonabile. Perfino il Libanese, il bandito che ho interpretato in “Romanzo criminale”, in certi momenti risultava simpatico».

Ha provato disagio, da romano, nel prendere parte a un film che descrive la Capitale come una cloaca?



«La corruzione e il malaffare sono ramificati ovunque. A Roma, semmai, si firmano i contratti e si stipulano gli accordi scellerati. Ieri, per esempio, ero a Milano e pensavo che anche dietro l’Expo ci sono stati abusi e ruberie di ogni genere. Disgraziatamente l’illegalità è una piaga estesa a tutto il Paese».



Ma non crede che la nostra città attraversi una delle stagioni più infauste della sua storia?



«La corruzione c’è sempre stata e di fronte agli scandali, oggi come ieri, bisogna chiedersi da dove vengono i soldi. Il giro di affari criminali è più ampio, va oltre la città. E io mi rifiuto di sentirmi rappresentato da Mafia Capitale: c’è anche una Roma perbene, che s’indigna, vive nel rispetto della collettività e delle regole. Questa Roma positiva rispecchia la maggioranza dei suoi abitanti».



Cosa si può fare adesso per migliorare l’immagine, ormai decisamente compromessa, della città?



«Ognuno, nel suo piccolo, deve sforzarsi per combattere il degrado morale. Negli ultimi anni, forse a causa della crisi economica, sono aumentati in misura esponenziale l’aggressività e l’individualismo. Prima ancora dei crimini portati alla luce dalle inchieste giudiziarie, il problema sta proprio nel comportamento delle persone».



Vede un possibile modello di amministrazione?



«Roma è ingovernabile per definizione perché ha mille anime. E’ una città del Cinquecento che tenta di adeguarsi ai ritmi del Ventunesimo secolo. Ne dico una: mezzi pubblici e viabilità non sono adeguati ai tempi, andrebbero rivoluzionati. Cominciamo a risolvere questi problemi. Siamo seduti su un tesoro e non vogliamo sfruttarlo».



Che intende dire?



«Roma, così ricca di storia e di bellezze, potrebbe e dovrebbe diventare un esempio per il mondo intero. Ha idea di quanti turisti vengono ogni anno?».



Dopo l’uscita di scena di Marino, chi potrebbe prendere in mano la situazione?



«So soltanto che serve una progettualità finalizzata a raddrizzare la situazione per i prossimi cinque, sei anni. Non ho idea se basti una sola persona o ce ne vogliano tante: di sicuro chi prenderà il potere dovrà agire nell’esclusivo interesse della città e non certo per guadagnarci».



Ha mai preso in considerazione di impegnarsi in politica in prima persona?



«No, perché sono un attore e non ho la minima esperienza di amministrazione. Posso fare politica nel mio lavoro quotidiano scegliendo di interpretare storie utili, battendomi per diffondere la cultura e difendere i suoi spazi».



Roma ce la farà, secondo lei?

«La città ha una potenzialità infinita. E oggi che tutti gli occhi sono puntati su di noi, non dobbiamo permettere che venga strozzata dall’illegalità e dalla ricerca dell’interesse personale. Non siamo la Suburra».



Gloria Satta

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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