Magna Charta, ottocento anni di diritti civili

Magna Charta, ottocento anni di diritti civili
di Corrado Ocone
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Giovedì 8 Gennaio 2015, 23:56 - Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio, 12:34
Con indubbio senso del paradosso, Guido De Ruggiero apriva nel 1925 la sua classica Storia del liberalismo europeo affermando che la libertà è antica mentre il dispotismo è moderno. Egli, che aveva in mente soprattutto il dispotismo democratico generato dalla Rivoluzione francese, non si riferiva certamente in questo caso quella "libertà positiva" o "degli antichi" di cui aveva parlato un secolo prima Benjamin Constant, individuandola nella possibilità che i greci e i romani avevano di partecipare democraticamente alla vita politica. No, De Ruggiero pensava proprio alla libertà, modernamente intesa, come garanzia da parte del sovrano della sicurezza e della proprietà dei propri sudditi. De Ruggiero, che in qualche modo anticipava studi recenti come quelli di Larry Siedentop, finiva perciò per mettere giustamente in dubbio quell'idea di un progresso rettilineo dell'umanità sulla strada della libertà che avrebbero affermato gli illuministi, parlando del medioevo come di un buio "regno di mezzo".

Non è quindi un caso che, come primo esempio di messa in pratica dell'ideale moderno della "libertà negativa", cioè come difesa dell'individuo dal potere sovrano, De Ruggiero citi proprio quella Magna Charta Libertatum che fu concessa o strappata giusto otto secoli fa (il 15 giugno 1215 nel prato di Runnymede sul Tamigi) al re d'Inghilterra Giovanni Senzaterra da "arcivescovi, vescovi, abati, conti, baroni, giudici, guardie forestali, sceriffi, intendenti, servi e tutti i balivi e leali sudditi". Questo elenco minuzioso di gruppi e ceti sociali, che troviamo nel preambolo del documento, sta a dimostrare che, anche in quel primissimo caso, l'idea del frazionamento e riconoscimento dei poteri su cui insisterà Montesquieu nel Settecento figura essere inscindibile dal liberalismo. Per quanto le libertates medievali siano piuttosto dei privilegi e delle guarentigie, e quindi siano valide solo per i contraenti e non per l'universalità dei cittadini, esse mostrano nella loro enunciazionequell'idea dell'uguaglianza giuridica, o dei diritti civili, in cui il liberalismo consiste.



I PUNTI

Particolarmente evidente è questo carattere proprio nella Magna Carta, che, per questo motivo è da considerarsi un documento unico: non a caso ancora in vigore, con opportuni emendamenti, come legge del Regno Unito (numerose saranno le celebrazioni e i convegni ufficiali per l'anniversario). Esso si incentra su tre punti sostanziali, sottraendoli all'arbitrarietà e ai capricci del sovrano: la tassazione, la libertà delle attività e dei commerci, l'amministrazione della giustizia attraverso lo strumento della pena. Particolarmente sentito il tema delle tasse, quasi a dimostrazione che la protesta fiscale è spesso il primo momento per l'affermazione della più generale libertà umana. Avendo dovuto finanziare delle fallimentari guerre in Francia, Giovanni aveva appunto sottoposto i baroni ad una eccessiva pressione fiscale: la Magna Carta stabilisce che esse, da quel momento in poi, dovranno essere giustificate e approvate da un "consiglio comune del regno". Per quel che concerne i commerci, si stabilì invece che fossero adottati criteri di misura standard per tutto il territorio del regno e che tutti potessero avere libertà di circolazione in esso, anche gli stranieri, per poter concludere i propri affari (una sorta di Maastricht ante-litterami). Ma la straordinaria modernità della Carta la si misura soprattutto nell'avere incorporato il principio dell'habeas corpus o diritto al processo: «Nessun uomo libero - recita il trentanovesimo dei 63 paragrafi in cui è stilata in latino il documento - sarà arrestato, imprigionato, multato, messo fuori legge, esiliato o molestato in alcun modo, né noi useremo la forza nei suoi confronti o demanderemo di farlo ad altre persone, se non per giudizio legale dei suoi pari e per la legge del regno». D'altronde, poco prima la Carta aveva affermato il principio, che sarà ripreso qualche secolo dopo da Beccaria, della proporzionalità della pena: «Nessun uomo libero sia punito per un piccolo reato, se non con una pena adeguata al reato; e per un grave reato la pena dovrà essere proporzionata alla sua gravità senza privarlo dei mezzi di sussistenza» (paragrafo 20). Con la nomina di una commissione di 25 baroni con il compito di verificare il rispetto degli impegni da parte del sovrano e nel caso di muovergli guerra, la Carta prevede infine anche il diritto di resistenza. Essa è, quindi, a tutti gli effetti la prima affermazione di principio dell'inalienabile libertà individuale. Come non celebrarla in questo suo anniversario?