Lavinia Biagiotti: «Città fragile e sporca ma ora basta. Il rilancio parta da cultura e moda»

Lavinia Biagiotti: «Città fragile e sporca ma ora basta. Il rilancio parta da cultura e moda»
di Lorenzo De Cicco
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Martedì 20 Novembre 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 00:10
L’immondizia si può e si deve togliere, ma la storia, insomma, quella non si compra mica», dice Lavinia Biagiotti, al termine di una conversazione che shakera gli affanni della Roma di oggi - «il senso di degrado diffuso, la sporcizia, il grande male di questa fase...» – e l’ottimismo sul rilancio possibile. Un rilancio quasi naturale, a sentire la presidente e ceo di Biagiotti Group, la terza generazione al timone della maison di famiglia, che Lavinia ha ereditato dalla madre Laura, signora della moda e del cachemire, scomparsa un anno e mezzo fa. «Il brand Roma ha ancora un altissimo potenziale, abbiamo tante eccellenze, ma tocca rimboccarsi le maniche e fare squadra».

Per ora Roma sprofonda nella classifica sulla qualità della vita. Sorpresa?
«Mi fido poco di queste classifiche, parlo in generale, in questo caso noto che Roma è in ottima compagnia, non lontana da Venezia e da Firenze. È la fragilità delle città d’arte, che andrebbero tutelate, tutte. Poi certo, Roma è particolare». 

Quando è cominciato il declino?
«Credo in quello che diceva Giambattista Vico e cioè che tutto proceda per cicli. Oggi mi pare che ci sia consapevolezza dei problemi di Roma e questo è un primo passo per la rinascita. Ho sempre vissuto tra Roma e Milano, l’Expo, lì, è stata l’occasione per voltare pagina. Milano era diventata una città ingrigita e sporca. Poi le cose sono cambiate. Mi piacerebbe vedere la stessa reazione tra i romani, che però sono molto pazienti, tanto che a volte questa pazienza degenera in lassismo...»

Da dove può partire, allora, questa reazione?
«Beh, per esempio viviamo nell’epoca dei social, in cui è più facile pubblicare la foto di un cassonetto che di un monumento. Voglio dire, è molto facile sparare a zero, forse dovremmo imparare tutti a rimboccarci le maniche. Con mia madre, siamo state le prime a Roma a fare grandi restauri, nel campo della moda, penso alla Cordonata del Campidoglio. Roma è una città bella e fragile, va difesa».

Sembra dirlo anche a chi la governa...
«Non voglio parlare di politica, ma mancano le infrastrutture, ci sono investimenti che vanno fatti. Serve un recupero del verde pubblico, delle strade, dei monumenti. Roma è la città più verde d’Europa, perché su Instagram dobbiamo vedere solo le foto delle foglie cadute di Central Park?».

Qui da noi cadono alberi.
«Infatti il tema del verde va affrontato. Così come quello della pulizia, il grande male della città in questo momento, il senso di degrado. Ma Roma ha tanti asset, bisogna solo giocarseli. Penso alla cultura. Quest’anno all’Auditorium della Musica, di cui sono vicepresidente, supereremo, come numero di visitatori, il Lincoln Center di New York. Tante griffe della moda hanno ricominciato a portare sedi a Roma, noi ovviamente abbiamo fatto la nostra campagna qui, a via Margutta, ma anche Dolce e Gabbana, un brand mondiale, ha deciso di “scattare” a Roma. Significa che la città può trasmettere un’immagine positiva». 

Diceva prima della sporcizia, che non aiuta...
«Sicuramente, ma non è sempre e solo colpa delle istituzioni. Ho un punto vendita in via Belsiana e quando vedo i turisti che gettano le coppette di gelato in terra, mi viene una rabbia... Voglio dire, ognuno deve fare la sua parte, noi cerchiamo di tenerlo pulito il nostro pezzetto di strada».

È delusa o soddisfatta dell’amministrazione Raggi?
«Non mi sento di dare un giudizio politico, ma credo che si possa sempre ripartire, in qualsiasi momento».

Come?
«Serve una gestione più contemporanea dei problemi, non servono i toni polemici, da tutte le parti, ma un approccio manageriale. Pubblico e privato possono collaborare. Le eccellenze che a Roma ci sono, devono mettersi insieme. Quella classifica può cambiare, come dicevo, è tutta questione di cicli».
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