TRE LINGUAGGI«La sfida - prosegue Cicutto - sarà far dialogare i tre linguaggi del nostro percorso espositivo, fotografia, cinema e tv, con “Cinecittà si mostra”, l’altra grande mostra permanente organizzata da Cinecittà Studios, in cui prevale l’aspetto più spettacolare, con le scene, i costumi e i grandi set allestiti in Via Tuscolana, da Leone a Scorsese». Un’occasione d’oro, visto anche il massiccio afflusso di visitatori, che genererà anche “primi piani” sulle diverse regioni d’Italia («abbiamo accordi con Friuli, Trentino, Piemonte e naturalmente Lazio, stiamo discutendo con la Sicilia, ogni regione metterà storie, idee e competenze proprie», sintetizza Cicutto). Mentre i curatori della mostra che aprirà in autunno saranno, come al Vittoriano, Gabriele D’Autilia e Roland Sejko, con la consulenza di altri esperti per cinema e tv. L’apertura a ogni forma di collaborazione è del resto la chiave di volta del nascituro Miac, che punta a diventare «una sorta di Cnr del cinema e dell’audiovisivo», spiega ancora Cicutto. Sul fronte espositivo, oltre al Luce e alle Teche Rai saranno infatti coinvolti fondi di primissimo piano come quelli dell’Aamod (Archivio del movimento operaio e democratico), del Coni, del Vaticano, del Miur, del Ministero della Difesa, del Cnr. Ma è come «laboratorio permanente dello sviluppo tecnologico e dei mestieri del cinema e dell’audiovisivo» che il Miac si gioca le carte più ambiziose. Sollecitando la collaborazione di «tutti i soggetti che possono creare formazione o approfondimento», riprende Cicutto. E non si tratta solo di aprirsi a realtà già operanti a Roma come il Centro Sperimentale, la Scuola di cinema Gian Maria Volonté o il polo universitario, ma di stringere alleanze con istituzioni di tutto il mondo, Musei, Cineteche o altro, in vista di un sistema di scambi e di residenze sul modello dell’Erasmus. «Stiamo anche discutendo con Google», confida Cicutto, «l’idea di creare una app che veicoli in tempo reale le ricerche e le sperimentazioni più avanzate del cinema».
MADE IN ITALY Il tutto senza perdere di vista la specificità della nostra storia, anzi facendone la chiave di un dialogo a tutto campo. Un esempio: nello spazio espositivo ci sarà una sala dedicata ai nostri cinque ultimi registi Oscar, Bernardo Bertolucci, Roberto Benigni, Giuseppe Tornatore, Gabriele Salvatores, Paolo Sorrentino. Ognuno di loro racconterà, in video, i film italiani decisivi nella sua storia di autore, riproposti per brani essenziali nello stesso locale. «Ma nulla vieta di chiedere a grandi registi americani, o argentini, o francesi - anticipa Cicutto - di raccontarci l’importanza del cinema italiano nel loro lavoro, rilanciando un dialogo virtualmente infinito». E magari mettendo voglia ai tanti giovani che quei film conoscono solo per sentito dire, di andarseli a vedere nella mediateca con cuffie e monitor. E poi consultare l’immenso patrimonio bibliotecario e audiovisivo del Luce, degli altri archivi e delle varie donazioni private che arricchiranno il fondo del Miac (prima a tagliare il traguardo, la biblioteca Kezich - Levantesi, migliaia di volumi appena acquisiti e attualmente all’inventario). Il cammino è appena incominciato ma la direzione sembra proprio quella giusta. Nessuna concorrenza con altre istituzioni già vive e operanti come il Museo del cinema di Torino, che guarda alla grande storia del cinema mondiale. Massimo radicamento nella realtà romana che dalla fondazione del Luce, 1924, alla Festa del Cinema, è fatta da sempre di produzione, sperimentazione, scambi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA