Bernard Kouchner: «Non capisco il mio amico Valls, Parigi deve fare la sua parte»

Bernard Kouchner: «Non capisco il mio amico Valls, Parigi deve fare la sua parte»
di Francesca Pierantozzi
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Lunedì 15 Giugno 2015, 23:24 - Ultimo aggiornamento: 23:55
Fondatore di Médecins sans Frontières, inventore del diritto d'ingerenza umanitaria, ex ministro in governi di destra e sinistra, fu in Vietnam per salvare i boat people, poi nel Biafra, in Rwanda, a Sarajevo. E oggi Bernard Kouchner è a Tunisi, dove parlerà di immigrazione a un grande Forum sulla democrazia nel Maghreb. «Non capisco il mio amico Valls - dice - Dobbiamo rivedere il diritto d'asilo, la Francia deve accettare le quote, non possiamo ripararci in una fortezza assediata».



Bernard Cazeneuve, ministro dell'Interno di un governo di sinistra, dice che i migranti non passeranno, sono le regole.

«Cazeneuve è un bravo ministro e fa il suo lavoro, ma è costretto a farlo male. Dobbiamo cambiare le regole».



Creare centri di smistamento in Italia per distinguere immigrati economici dai rifugiati è la soluzione?

«È necessario riconvocare una grande conferenza come quella del 1951 a Ginevra quando fu definito lo statuto di rifugiato. Non so se sia necessaria una revisione della Convenzione di Ginevra, ma oggi è difficile distinguere i problemi politici da quelli economici. Dobbiamo rivedere il diritto d'asilo in funzione della mondializzazione».

Neanche le quote vanno bene alla Francia. Perché?

«Per la prima volta l'Europa ha fatto la scelta giusta, per voce di Jean-Claude Juncker, proponendo una ripartizione di migranti in ogni paese in base a quote. È nomale che i paesi accolgano i migranti in funzione del loro peso demografico e della loro ricchezza. La Francia dovrebbe accoglierne circa 7mila: non è niente per un paese di 67 milioni di abitanti. Non capisco perché il primo ministro Manuel Valls, che è un amico, abbia rifiutato. Non capisco questa forma di sovranità, di virilità, che consiste nel declamare che alla Francia non si detta la politica. Ma allora come la facciamo l'Europa? Continuo a pensare che un giorno, spero presto, i 28 paesi potranno condividere».



L'Europa in crisi ha ancora la forza di accogliere?

«Innanzitutto voglio rendere omaggio al popolo italiano, alla gente di Lampedusa che ha accolto i rifugiati, ai pescatori che hanno impedito che morissero annegati, al governo che ha svolto il suo ruolo. Dobbiamo dire grazie all'Italia. Secondo punto: basta pensare che 28 paesi teoricamente solidali possano lasciare i migranti in Italia solo perché, spinti dalla miseria, sbarcano in Italia. Non è accettabile».



Che fare?

«Bisogna subito distinguere il salvataggio in mare, la necessità morale di non lasciar morire la gente, e la questione dell'immigrazione. La Francia ha inviato due navi da guerra, è già qualcosa, anche se non abbastanza. E gli altri? Io ho chiesto una nave per paese, in permanenza. Non è difficile, non è nemmeno così costoso. Dicono che funzionerà da pull factor, da attrazione per flussi sempre più grandi di immigranti. Me lo dissero anche in Vietnam, anche a Haiti. E allora li lasciamo morire? Nel nostro mare? In ogni modo, verranno, nessuno li fermerà, niente li scoraggerà. Rischiano, muoiono, pagano: verranno. Non vengono se li accogliamo bene, vengono perché le loro famiglie muoiono. Non possiamo ripararci in una fortezza assediata. Dobbiamo trovare il modo di accoglierli, aumentare i visti, cambiare politica».

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