Intervista ad Angelo Rughetti: «Poteri speciali a Roma? L’Irpef resti alla città»

Intervista ad Angelo Rughetti: «Poteri speciali a Roma? L’Irpef resti alla città»
di Claudio Marincola
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Domenica 14 Giugno 2015, 23:15 - Ultimo aggiornamento: 15 Giugno, 00:07
Una legge ad hoc per dare a Roma una diversa dimensione istituzionale. Più alta, sicuramente diversa da quella attuale, per conferire alla città gli stessi poteri che hanno altre capitali europee, ad esempio Berlino e Parigi.



La proposta lanciata sul Messaggero dal presidente dei senatori Pd Luigi Zanda ha già trovato molte adesioni. Il cuore della proposta, che verrà elaborata nei prossimi giorni, è la trasformazione in un ente territoriale speciale. Una Capitale a tutti gli effetti, insomma. Una città-stato-regione.



Angelo Rughetti da esponente Pd, esprime su questo tema il suo giudizio personale ma anche l’orientamento che si fa strada nel partito. Da sottosegretario alla Pubblica amministrazione il convincimento del governo. E da ex segretario generale dell’Anci il parere di chi conosce le questioni che arrovellano gli enti locali. I veti, le lungaggini, il problema infinito del reperimento delle risorse.



Anche lei, visto quanto sta accadendo con Mafia capitale, pensa che i tempi per cambiare l’assetto istituzionale di Roma siano maturi?

«Con l’associazione ProDemos un anno e mezzo facemmo uno studio per dare una risposta a questa domanda. Per stabilire quale fosse il miglior assetto istituzionale. A Roma hanno la loro sede moltissime università americane, tantissime ambasciate, la città è il più grande centro sanitario del Mediterraneo. Quella in cui, e questo lo si deve alla presenza della PA, si spende di più in innovazione tecnologica. Dallo studio emerse che l’attuale assetto non era sufficiente, che i poteri amministrativi da soli non bastavano. Per assolvere al suo compito di capitale sarebbe stato necessario creare una città-stato, un distretto istituzionale autonomo».



E le risorse?

«Il tema va affrontato scorporando la città dal resto della regione e dotandola di tutta la sua capacità fiscale».



Sta dicendo che l’Irpef dei romani deve restare ai romani?

«Sì. Ma va inserito in un quadro di solidarietà nazionale. Roma non può essere trattata come se fosse Poggio Moiano, e lo dico con il massimo rispetto per la comunità in cui sono cresciuto. Con Renzi a palazzo Chigi è stato siglato un accordo importante definendo gli extracosti che derivavano alla città per le sue funzioni. Però il problema è stato posto dal lato sbagliato. Andavano prima definite le competenze e da queste l’erogazione delle risorse».



La Lega Nord qualche tempo fa diceva più o meno la stessa cosa.

«Parliamo di due realtà diverse. Un conto è l’egoismo territoriale di chi è più ricco e vuole tenersi per sé le risorse. Un altro conto che un distretto strategico per il Paese abbia gli strumenti adeguati per assolvere le sue funzioni».



Roma città-regione era in sintesi la proposta di Storace e del centrodestra, ma voi la bocciaste...

«Era in realtà una proposta molto diversa. Si fece un errore clamoroso. Si mise Roma sotto la Regione Lazio, si guardò agli interessi personali per difendere scelte che non avrebbero fatto l’interesse della capitale. Il referendum poi bocciò questa devoluzione dei poteri. Noi quando diciamo città-regione pensiamo ad un soggetto unico che ha voce in capitolo su settori strategici come la mobilità o l’urbanistica. Si accorcerebbe la catena decisionale, si eliminerebbe anche molta burocrazia. E penso anche a settori come il turismo. Continuiamo a dire che è il nostro petrolio ma non abbiamo un ministero e neanche un dipartimento dedicato. Ecco, se Roma diventasse titolare al 100% di questa funzione potrebbe prendere misure efficaci per Roma stessa. Penso al potenziamento di Fiumicino o al porto di Civitavecchia e agli altri porti turistici, eccetera».



Mafia capitale, secondo lei c’è un nesso tra assetto istituzionale e malaffare?

«Difficile dirlo ma se alziamo il livello istituzionale si alzerà di conseguenza anche il livello della classe dirigente. Mafia capitale non è solo il risultato di un’azione penale. Tutto nasce quando durante l’amministrazione dell’ex sindaco Alemanno le forze politiche decidono di anteporre i propri interessi all’interesse generale. Un sorta di consociativismo che non può non far riflettere. E preoccupa la triangolazione tra politica, preferenze e appalti del Comune. Un triangolo che non si è spezzato. Senza l’inchiesta della magistratura tutto questo non sarebbe venuto fuori. Il Pd su questo, dobbiamo dirlo, ha una grande responsabilità, e deve andare fino in fondo. Il rischio del gattopardismo, cambiare tutto per non cambiare niente, è sempre altissimo».
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