Stalking sui social, l’inferno delle donne: aumento della violenza durante la pandemia

Stalking sui social, l’inferno delle donne: l'aumento della violenza durante la pandemia
di Vanna Ugolini
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Sabato 17 Aprile 2021, 10:59 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 23:49

I l web e i social che diventano un altro terreno di minacce e violenza. Le case che si confermano i luoghi in cui maturano episodi drammatici di violenza. I tribunali che non sempre sanno riconoscere la violenza. I centri antiviolenza che ogni anno devono fare i conti con la riconferma dei finanziamenti e che non hanno mai posti letto a sufficienza per accogliere le vittime. Fragili. Fragili come castelli di sabbia costruiti vicino alla riva del mare. I diritti che riguardano le donne, le conquiste che si raggiungono a fatica, i cambiamenti culturali che erano cominciati a sbocciare: la pandemia ha rischiato di travolgere anche quelli. E ci sono donne ancora più sfortunate, quelle con problemi mentali, le bambine che anche in Europa vengono date in spose quando non sono nemmeno adolescenti, quelle vittime dell’infibulazione, che sono quasi scomparse dai radar dei servizi. È quanto emerge dal rapporto Grevio, la relazione preparata dal gruppo di esperti indipendenti del consiglio d’Europa, nato per monitorare l’applicazione della Convenzione di Istanbul e che nella sua seconda edizione analizza il periodo che va da giugno 2019 a dicembre 2020, quello che comprende l’anno drammatico della pandemia. Un anno segnato da un aumento della violenza nei confronti delle donne.

Molestie virtuali

Il lockdown e la necessità di stare più tempo in casa hanno fatto sì che alcuni fenomeni di violenza e di stalking si siano riversati sui social, che sono diventati un nuovo terreno di molestie che di virtuale hanno solo la forma ma fanno ancora più male e, in alcuni casi, prendono la forma del revenge porn, il riversare in rete filmati che riguardano la vita sessuale e sentimentale delle vittime senza il loro consenso, per vendetta. Ma è anche il fronte dei servizi che ha mostrato le sue debolezze. Se la maggior parte dei paesi ha sviluppato reti più ampie e più forti di servizi di supporto specializzati per assistere le vittime di violenza domestica, quelli disponibili per le vittime di altre forme di violenza - dalla violenza sessuale e le mutilazioni genitali femminili, al matrimonio forzato e alle molestie sessuali - sono ancora oggi molto carenti.

Il Grevio quindi sottolinea la necessità di istituire servizi di supporto specialistici per altre forme di violenza diverse dalla violenza domestica. Inoltre nelle sue relazioni il Grevio rileva che i servizi di assistenza telefonica «devono essere specificamente rivolti alle donne vittime di violenza e che il personale che fornisce informazioni e consulenza deve essere formato in questo settore». Non si può improvvisare in questi tipo di servizi a distanza che, durante la pandemia, sono diventati aiuti preziosi per le donne che non poteva uscire più di casa. Il rapporto analizza anche il mondo della giustizia e sottolinea come a volte nei tribunali sia difficile riconoscere la violenza nei confronti delle donne. Lo aveva già fatto nel primo rapporto, sottolineando la necessità di consulenti tecnici più preparati sul tema della violenza. In questo secondo rapporto il gruppo di esperti accende i riflettori sul tema della mediazione familiare. «Alcuni servizi di supporto specialistici governativi si basano spesso su un approccio di mediazione familiare. Questo approccio mira a tenere insieme le famiglie e alla risoluzione dei conflitti con la mediazione, ma potrebbe non tener conto del rapporto ineguale tra vittime e autori di violenza e potrebbe essere contrario alla protezione delle vittime e alla priorità dei bisogni e della sicurezza delle donne». Questo significa che è profondamente sbagliato e si manifesta come una ulteriore vittimizzazione, mettere a confronto, sullo stesso piano, la vittima e il carnefice, senza riconoscere i danni subiti da una lunga esposizione alla violenza nelle relazioni affettive. Ci sono comunque anche dei segnali positivi: vengono, infatti, elogiati l’aumento delle strutture di sostegno per le vittime di violenza contro le donne e violenza domestica o il miglioramento di quelle esistenti in alcuni paesi europei. Inoltre, l’Albania e la Finlandia hanno istituito numeri di telefono nazionali in risposta all’entrata in vigore della convenzione. Continuano a fare un buon lavoro per quanto riguarda i servizi forniti alle donne stati come il Belgio, la Danimarca e la Finlandia, «che stanno aumentando i servizi per garantire cure mediche immediate, supporto psicologico e un esame forense per raccogliere prove per accusa». Elemento, quest’ultimo, che non va sottovalutato: le procedure per raccogliere le prove in caso di stupro non sono né uguali né efficaci in tutti i paesi europei.

I centri 

Per quanto riguarda in specifico l’Italia l’allarme riguarda i centri antiviolenza che non hanno finanziamenti certi nel lungo periodo e che non riescono a rispondere a tutte le richieste di aiuto per mancanza di posti letto. Grevio, in questo rapporto, ha emesso una raccomandazione generale: bisogna continuare ad applicare la convenzione di Istanbul, che deve essere recepita anche nella giurisprudenza dei vari Stati. La violenza contro le donne non è una questione privata, che si consuma dentro le mura domestiche ma una lesione dei diritti fondamentali della persona. 

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