Fase 3, ecco il piano di Colao per la rinascita dell'Italia: ma il governo non lo userà

Fase 3, ecco il piano di Colao per la rinascita dell'Italia: ma il governo non lo userà
di Marco Conti
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Venerdì 5 Giugno 2020, 06:24 - Ultimo aggiornamento: 6 Giugno, 17:14

«Il piano di rinascita del Paese», più volta annunciato da Giuseppe Conte, non passa più per la task force di Vittorio Colao. Almeno così lascia capire palazzo Chigi quando fa sapere, via Adnkronos, che «non ci sarà nessun documento Colao dietro il piano di rilancio».

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IL TACCUINO
Un tentativo, forse riuscito male, per non dare alle forze sociali tutto per scontato o per già deciso. Così come un modo per ricominciare da capo e presentarsi agli stati generali dell'economica con il taccuino vuoto. Ridurre il però il contributo degli esperti messi insieme proprio per disegnare la Fase3 a poco più di un contributo accademico rischia comprensibilmente di irritare il gruppo messo insieme da Colao che nel weekend dovrebbe consegnare il suo lavoro dopo le ultime rifiniture di ieri sera.
Il lavoro sul documento per la ripartenza è composto da una lunga serie di slides che illustrano gli interventi e i tempi. Una sorta di cronoprogramma da qui al 2022 che lo stesso Colao ha avuto modo di costruire lavorando alacremente anche con i tecnici del Mef, di palazzo Chigi e dello Sviluppo Economico. Negli ultimi giorni, ai cento progetti già in parte resi noti a Conte, se ne sono aggiunti altri che implementano sostegni specie sul fronte del lavoro delle donne che rischiano in questo momento di essere maggiormente penalizzate.
L'obiettivo è quello di trasformare i costi della crisi in opportunità e quindi in investimenti per modernizzare il Paese e renderlo più efficiente. Scuola, fisco e sanità sono temi fuori dalla mission della task force, dove invece gli investimenti costituiscono la parte più consistente. Infrastrutture materiali e digitali, quindi. Ovvero banda larga, ma anche ponte sullo Stretto.
Proposte, tante, che costituiscono una sorta di menu dal quale attingere con tanto di scaletta temporale che tiene conto anche dei tempi della nostra lenta macchina burocratica. E' per questo che nei giorni scorsi la task force si è confrontata con il ministro della pubblica amministrazione Fabiana Dadone che più volte è intervenuta sul tema della digitalizzazione dei servizi della P.A.
Il ridimensionamento del contributo della task force di Colao, che non sembra più essere lo spunto dal quale il governo intende partire, rischia di incrinare ancor più i rapporti già non idilliaci tra il gruppo di esperti e palazzo Chigi. Nelle fasi più acute della pandemia il ricorso agli esperti è avvenuto a mani basse provocando anche qualche mugugno nella maggioranza.
Dopo il ridimensionamento dei pareri del Comitato tecnico scientifico che avrebbe avuto una riapertura del Paese molto più graduale se non a scacchiera, tocca ora ai tecnici della Fase3 il cui lavoro finisce schiacciato da un'altra serie di cervelli che Conte intende raccogliere negli stati generali. Ripartendo però da zero ed evitando magari che possa esserci qualcuno che possa fargli ombra al punto da essere immaginato come suo possibile successore a palazzo Chigi.
Una tela di Penelope, quella che cuce e disfa il governo giallo-rosso, di cui non si vede quando possa esserci la traduzione in atti politici e normativi. Presentando ieri il suo libro La mossa del cavallo, Matteo Renzi non ha parlato del lavoro di Colao, ma ha sostenuto che «gli impegni presi da Conte vanno nella direzione giusta» «cominciando dal Piano Shock su infrastrutture e scuole». Esattamente i temi di cui si sono occupate le task force di Vittorio Colao e Patrizio Bianchi. Temi diversi, ma un comune destino.

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