Laura Morante a Messaggero Tv: «Autori, non piegatevi al conformismo»

Laura Morante (Foto Stanisci - Toiati)
di Gloria Satta
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Sabato 12 Aprile 2014, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 16:12

L’ultima incarnazione cinematografica di Laura Morante, una delle attrici italiane pi amate all’estero, una scrittrice solitaria e chiusa in se stessa nel filmNessuno mi pettina bene come il vento di Peter Del Monte, appena uscito nelle sale. Nella realtà, Laura è una donna accogliente e generosa, madre di tre figli (l’ultimo dei quali adottato), positiva nei confronti della vita. Sempre affascinante a dispetto dei suoi 57 anni che non hanno bisogno di ”aiutini” estetici.

Cosa l’ha spinta a lavorare con Del Monte?

«Mi è piaciuto il fatto che il film parli di solitudine e pregiudizi. Tutti i personaggi vivono rinchiusi in se stessi e giudicano gli altri secondo schermi precostituiti, ma il regista non li condanna. La scrittrice che interpreto rimetterà in discussione se stessa dopo l’incontro imprevisto con una bambina».

Non è vero allora che il cinema snobba la protagoniste femminili?

«Il cinema ama poco le donne. Se parliamo di quote rosa, stiamo messi male...Ma avviene lo stesso in tutti gli altri ambienti. Il mondo continua ad essere visto dagli occhi degli uomini e di conseguenza anche i registi stentano ad accettare la complessità delle donne».

Cosa intende?

«Le protagoniste dei film sono troppo spesso figure sterotipate: o angeli che tutto comprendono e tutto perdonano, oppure iene dalle quali è meglio tenersi alla larga. La complessità nevrotica femminile non viene accettata, mentre quella maschile suscita empatia».

E’ per imporre il punto di vista ”rosa” che due anni fa è diventata regista?

«Ho diretto Ciliegine per raccontare la nevrosi di una donna alle prese con l’amore. Il film è andato bene, ma alla prima lettura del copione tutti esclamavano: ma quanto è antipatica, la tua protagonista!».

E’ vero che vuole replicare l’esperienza?

«Sì. Ancora con Daniele Costantini, con il quale avevo sceneggiato l’opera prima, ho scritto Assolo, una commedia su una donna rimasta single suo malgrado. Spero di trovare i soldi più in fretta della volta scorsa».

Con che criterio sceglie un ruolo?

«Non scelgo i ruoli ma i film. Non può esistere un bel personaggio in un brutto film. A guidare le mie decisioni è la qualità del progetto. E se non avessi l’affitto e la baby sitter da pagare, sarei ancora più selettiva».

Dei tanti personaggi che ha interpretato, a quale è più legata?

«Forse alla scrittrice Sibilla Aleramo, protagonista di Un viaggio chiamato amore. In quel film, diretto da Michele Placido, ho incarnato la passione fino alle estreme conseguenze. Malgrado nella vita io sia un tipo ardente, nel cinema raramente ho dato corpo a personaggi assoluti e un po’ folli. Non me li hanno fatti fare...Peccato, mi sarei divertita tanto».

E’ davvero tormentata come appare sullo schermo?

«Più che tormentata, sono patologicamente timida. Per vincere questo mio difetto, nel passato mi sono rinchiusa in me stessa e addirittura ho provato ad essere aggressiva. All’inizio della carriera, tutto è stato difficile per me. Anche entrare in un negozio da sola rappresentava un successo. Con gli anni sono migliorata, ma rimango una persona molto timida».

Ha fatto l’attrice per vincersi?

«Probabilmente, ma all’inizio non consideravo definitivo il mio mestiere, lo vedevo poco adatto a me».

Perché?

«Non possiedo alcuna capacità diplomatica, tendo a dire quello che penso e infilo una gaffe dietro l’altra. Poi, con il tempo, recitare ha iniziato a piacermi ed è diventato un impegno rigoroso. Oggi il lavoro è importante, ma non rappresenta tutta la mia vita».

Cosa direbbe agli autori del cinema italiano?

«Resistete. Continuate a inseguire la qualità. Non piegatevi al conformismo del mercato, altrimenti è la catastrofe».

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