Superbonus, truffa da 10 milioni a Frosinone: smascherato il sistema. «Il direttore Scaccia, De Santis e il notaio Labate la triade a capo degli illeciti»

Il rapporto privilegiato tra l'amministratore delegato della Banca Popolare del Frusinate con il suo factotum

Arrestati il direttore generale della Banca Popolare del Frusinate Rinaldo Scaccia e il suo factotum Angelo De Santis
di Pierfederico Pernarella
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Mercoledì 7 Febbraio 2024, 07:41 - Ultimo aggiornamento: 12:30

Rinaldo Scaccia non è soltanto l’uomo più potente della Banca Popolare del Frusinate, ma quello che più di tutti ne ha incarnato la storia, diventandone col tempo una sorta di padre-padrone. La Bpf è stata fondata il 12 luglio del 1991 e Scaccia ne è stato direttore generale dal 1997 e amministratore delegato dal 2018. Il prossimo giugno compirà 77 anni, ma non ha voluto saperne di andare in pensione. La Bpf è la sua vita. Nato a Veroli, Scaccia vive nella contrada di Castelmassimo, terra di apprezzate maestranze nel settore dell’edilizia. Un segno del destino. Il mattone ciociaro ha fatto tanto la fortuna della Banca Popolare del Frusinate, così come il mattone ciociaro ha fatto le fortune grazie alla Banca Popolare del Frusinate.

 

In otre trent’anni a capo della banca, Scaccia era stato rimasto coinvolto in altre due vicende giudiziarie. Incidenti di percorso fisiologici per chi ricopre ruoli di responsabilità come il suo.

Una volta nell’inchiesta sugli abusi edilizi e la truffa del complesso Forum di piazzale Europa a Frosinone, ma la sua posizione è stata poi archiviata in fase preliminare. Poi è finito a processo per usura bancaria, ma è stato assolto.

IL CAPO

Ora invece si trova agli arresti domiciliari. Le accuse sono pesanti. Insieme all’imprenditore Angelo De Santis, si legge nell’ordinanza firmata dal gip Ida Logoluso, l’amministratore delegato della Bpf sarebbe stato a capo dell’associazione a delinquere. Approfittando del suo ruolo di spicco nella banca avrebbe «favorito l’erogazione di finanziamenti destinati a società segnalate da De Santis e ad altre società nella disponibilità dell’associazione a delinquere». Di una di queste, la “Elemago”, intestata ad un a parente di De Santis, secondo le accuse, sarebbe stato socio occulto. Scaccia, si legge nell’ordinanza, «avrebbe sollecitato con i funzionari Luca Lazzari e Lino Lunghi i finanziamenti alle società segnalate da De Santis anche quando le pratiche erano viziate da irregolarità e non avrebbero potuto ricevere il credito».

RAPPORTO STRETTO

De Santis, secondo la ricostruzione della Procura, forte del suo rapporto familiare con Scaccia, oltre a beneficiare di consistenti linee di credito nella Bpf, era diventato un mediatore creditizio di fatto, pur non avendo i titoli per farlo. Gli imprenditori, stando alle accuse, si rivolgevano a lui per ottenere i prestiti dalla Bpf. Tanto che a De Santis viene contestato il reato di esercizio abusivo dell’attività creditizia. Attività per la quale, si legge nelle carte giudiziarie, prendeva un compenso, dal 3 al 5% del finanziamento concesso. Gli inquirenti sottolineano anche De Santis aveva un rapporto quasi quotidiano con Luca Lazzari, l’ex capo della Corporate Banking della Bpf, e impartiva ordini su come fare le pratiche, facendo riferimento al “capo”. Ossia Scaccia.

«L’istituto di credito - scrive il gip Logoluso - appare asservito agli interessi illeciti» e «non solo consente l’attuazione dei programmi criminosi delle associazioni criminali permettendo ad Angelo De Santis, in ragione della sua relazione privilegiata con il direttore Scaccia, di esercitare abusivamente l’attività di intermediario finanziario, non solo omette le segnalazioni di operazioni sospette, ma addirittura si presta a fiancheggiare e sostenere le operazioni di riciclaggio del gruppo Baldassarra/Cicatiello in accordo col gruppo De Santis/Bartoli giungendo, con i funzionari del Corporate Banking, a fare da depositaria temporanea di denari contanti in nero destinati ad alimentare operazioni illecite».

Non sarebbe stata solo una questione di soldi, ma anche di potere. A capo, aggiunge il gip, «c’era la triade De Santis-Scaccia e il notaio Roberto Labate che non solo assicura l’arricchimento individuale dei partecipi ma, presumibilmente, opera anche per assicurare la permanenza dell’egemonia dello Scaccia sulla Bpf».

IL FACTOTUM

Al factotum De Santis Scaccia avrebbe affidato anche compiti riguardanti vicende interne alla banca. È l’aprile del 2021 e deve essere rinnovato il Consiglio di amministrazione della Bpf. «La vicenda - scrivono gli inquirenti - sembra preoccupare molto Scaccia che incarica De Santis di raccogliere le deleghe che esprimono posizione favorevole alla sua direzione. De Santis viene anche incaricato di singolari trasporti e sospette consegne di borse contenenti le deleghe di soci al notaio Roberto Labate presso il suo studio a Cassine al fine del loro inoltro, dopo l’autenticazione, al rappresentante designato per il voto in assemblea». E nell’ordinanza si aggiunge: «La vicenda, per ora solo significativo indice dei rapporti fra gli indagati, sarà sicuramente oggetto di approfondimenti».

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