Troppa burocrazia, la Ciociaria perde il bioreattore per i vaccini e 100 posti di lavoro: la Catalent lo farà in Inghilterra

Troppa burocrazia, la Ciociaria perde il bioreattore per i vaccini e 100 posti di lavoro: la Catalent lo farà in Inghilterra
di Paolo Carnevale
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Mercoledì 13 Aprile 2022, 10:54 - Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 08:30

Anni per ottenere le autorizzazioni. E alla fine, quando sembrava che tutto fosse ormai a posto, è spuntato un altro passaggio. Altre carte da presentare, altri mesi da aspettare. Peccato che le aziende non hanno molto tempo da perdere con la cervellotica burocrazia italiana. Soprattutto quando ci sono da investire 100 milioni di euro.
È il caso della Catalent, la multinazionale farmaceutica che ha sede ad Anagni (Frosinone) e si è fatta conoscere per aver infialato durante la pandemia il vaccino Pfizer.

E l'investimento da 100 milioni di euro avrebbe dovuto riguardare proprio lo sviluppo dello stabilimento ciociaro nella filiera dei vaccino. I soldi infatti sarebbero stati utilizzati per realizzare due bioreattori da 6000 litri ciascuno in grado di produrre i principi attivi dei vaccini. Con quelle strutture, l'azienda sarebbe passata dal confezionamento alla realizzazione diretta del prodotto. Un salto avanti importante per il distretto farmaceutico della provincia e più in generale del Lazio. L'investimento avrebbe nell'immediato consentito di assumere più di un centinaio di persone secondo le stime dell'azienda. E, soprattutto, avrebbe reso la sede anagnina della multinazionale un centro di eccellenza nel settore dell'industria farmaceutica a livello europeo.

Tutto però è andato in fumo. E qui tocca fare un passo indietro.

L'area industriale di Anagni rientra nei 720 ettari del Sito d'interesse nazionale (Sin) Bacino del Fiume Sacco. Sin istituito per le problematiche ambientali della Valle del Sacco e che comporta procedimenti più lunghi e approfonditi per il rilascio delle autorizzazioni per qualsiasi intervento che vanno ad intaccare suolo e sottosuolo.
La Catalent, hanno fatto sapere, era pronta da giugno. Il procedimento, in capo al Ministero della Transizione Ecologica, era stato avviato nel 2019 e dopo tre anni finalmente sembrava giunto a conclusione. All'ultimo però è stata richiesta un'altra integrazione. E questa è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. A preoccupare i vertici della multinazionale soprattutto l'incertezza dei tempi di rilascio delle autorizzazioni.

Di qui la decisione andare in Inghilterra. Più esattamente ad Oxford dove esiste un impianto più piccolo di quello che sarebbe stato realizzato ad Anagni, ma già pronto e funzionale. Sembra che dal Ministero, appresa la notizia della decisione di traslocare il progetto dei bioreattaori, abbiano chiamato la Catalent e assicurato che il procedimento si sarebbe chiuso in tempi brevi. Ma da quello che si è capito non ci sarebbero possibilità di un ripensamento, almeno per questo investimento.

«Perdiamo nell'immediato almeno 100 posti di lavoro. Ma in prospettiva sarà ancora peggio, perché l'accaduto farà diventare poco attrattivo il nostro territorio. Anche altre aziende del territorio, come la Sanofi, manifestano preoccupazioni in questo senso», commenta Sandro Chiarlitti, segretario generale per Frosinone della Filctem Cgil.
Per il sindaco di Anagni, Daniele Natalia, «il SIN, così come concepito, è una iattura e non una risorsa/tutela per il territorio. Non salvaguarda l'ambiente e neanche i posti di lavoro». Il primo cittadino ha infine annunciato l'intenzione di creare, in tempi rapidi, «un tavolo tecnico assieme alle aziende, alle associazioni di categoria, al Ministero dell'Ambiente, alla Regione Lazio, alla Provincia di Frosinone ed a tutti gli altri organi ed enti responsabili, per studiare l'immediata deperimetrazione dell'attuale Sin e per sburocratizzazione».

Intanto il consigliere regionale Mauro Buschini fa sapere che sul problema delle lungaggini delle autorizzazioni nell'area del Sin è stato convocato un incontro per martedì 19 aprile al quale prenderanno parte il commissario del Sin il sindacato, Unindustria, il consorzio industriale ed i consiglieri regionali del territorio.

La notizia della decisione di Catalent di portare in Inghilterra è arrivata in Unindustria Frosinone martedì sera. Una doccia gelata. «È come se stessimo elaborando una sorta di lutto», confessa la presidente Miriam Diurni. «Forse non è ben chiara la perdita incalcolabile non solo per la nostra provincia, ma per il sistema Paese - prosegue Diurni - L’investimento avrebbe comportato la realizzazione di un centro di ricerca con il coinvolgimento delle università. Quella di Cassino e non solo. Sarebbero stati assunti ingegneri, biologi chimici. Figure altamente qualificate. Un valore aggiunto per il territorio. Difficilmente potrà capitare un’altra chance del genere».

Unindustria da tempo pone il problema della scarsa attrattività del territorio a causa delle lungaggini nelle autorizzazioni, soprattutto nell’area del Sin. «Il problema non sono tanto gli anni che un’azienda impiega nell’ottenere le autorizzazioni, quanto l’incertezza dei tempi. E questa ha spinto la Catalent a traslocare ad Oxford il progetto».

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