Giovanni Castellaneta

L'analisi/ Arabia, gli accordi con Xi preoccupano l’Occidente

di Giovanni Castellaneta
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Mercoledì 14 Dicembre 2022, 00:08

La “Via della Seta” cambia direzione e vira verso Sud, con destinazione Golfo Persico? Si potrebbe riassumere così il senso del viaggio di Xi Jinping in Arabia Saudita, accolto con tutti gli onori in quello che (almeno fino a poco tempo fa) era il più importante alleato degli Stati Uniti nella regione. 
Ma i tempi sono cambiati e, complice anche una situazione internazionale caratterizzata da crescenti tensioni e frammentazioni, la Cina guarda sempre più con interesse ai Paesi della penisola arabica come partner economici che potrebbero assumere un valore strategico nel prossimo futuro.
L’incontro tra Xi e il principe saudita Mohammed bin Salman potrebbe rappresentare un vero punto di svolta a livello geopolitico. In occasione di questo vertice bilaterale Pechino e Riad hanno concluso accordi per un valore di 30 miliardi di dollari che rafforzeranno i rapporti economici tra i due Paesi con grandi vantaggi reciproci: la Cina potrà accedere in maniera stabile e duratura al petrolio saudita (nonostante sia già il primo acquirente di greggio estratto in questo Paese), mentre la potenza del Golfo sarà destinataria di ingenti investimenti cinesi funzionali all’ambizioso progetto “Vision 2030”, che mira a trasformare l’Arabia Saudita in una potenza economica moderna, la cui ricchezza futura non dipenda più esclusivamente dallo sfruttamento delle fonti fossili.

Sembra dunque una strategia win-win, che però non può non tenere conto anche delle altre potenze che nella regione sono presenti o che hanno degli interessi. A cominciare ovviamente dagli Stati Uniti, con un presidente rinfrancato e pugnace dopo i risultati elettorali di mid-term. Washington non considera più prioritari i suoi interessi energetici nell’area del Golfo, avendo meno bisogno di idrocarburi da quando ha iniziato a sfruttare i ricchissimi giacimenti domestici di petrolio e gas shale. Rimane invece importante obiettivo di concerto con il nuovo governo conservatore in Israele quello di contenere il vicino Iran ora e in futuro non potendo immaginare quale potrà essere l’evoluzione di quel regime in preda alle manisfestazioni di protesta di questi giorni ed alla loro dura repressione. 
Gli Usa stanno dedicando una attenzione prioritaria alle mosse della Cina sullo scenario internazionale, in un momento in cui i rapporti con Pechino sono molto tesi, dalla guerra commerciale per il controllo dei chip alla controversia molto delicata intorno all’indipendenza di Taiwan. 
La Cina può muoversi con maggiore disinvoltura nella regione, potendo permettersi di porre le cautele sul rispetto dei diritti umani in secondo piano rispetto alle potenze occidentali. E tuttavia anche il Dragone deve muoversi in punta di piedi, avendo interesse a mantenere buoni rapporti anche con l’Iran non solo per motivi di approvvigionamento energetico. 
Che la Cina riesca dove gli Usa e l’Occdente hanno fallito, ossia nel favorire un riavvicinamento tra Riad e Teheran che possa essere foriero anche di una reintroduzione dell’Iran nel contesto internazionale, in questo momento inimmaginabile? Oggi è davvero prematuro dirlo, ma in futuro un eventuale successo diplomatico di questo tipo potrebbe essere davvero indicativo del fatto che si sta costituendo un nuovo ordine mondiale.

Insomma, l’attivismo cinese non può certamente passare inosservato a Occidente. 
Al di là dei progetti di reshoring e nearshoring, la crescente influenza di Pechino in Medio Oriente (non ci sono solo Arabia Saudita e Iran nel mirino della Cina, ma anche il Qatar e gli altri stati del Golfo) va seguita con grande attenzione in un momento di crescente frammentazione internazionale. 
La mossa di Xi nel Golfo potrebbe sparigliare ulteriormente le carte di un mazzo che – sul tavolo da gioco globale – sta assumendo tratti sempre più confusi. E anche l’Italia dovrebbe seguire queste dinamiche con cautela e lungimiranza con un presidente del Consiglio che sembra saggiamente seguire una linea d’azione realistica ed equilibrata con l’obiettivo primario della difesa dei nostri interessi nazionali e dei valori della nostra civiltà. 
Dopo l’entusiasmo ( eccessivo ed un po’ imprudente) di alcuni anni fa che aveva portato il nostro Paese ad aderire ufficialmente al progetto della “Nuova Via della Seta”, ci si sta ora interrogando sull’opportunità di ridefinire alcune filiere produttive manifatturiere in senso più regionale (magari puntando sulla regione mediterranea) e meno globale.
Ma la Cina è e resterà un partner strategico, la cui influenza a livello globale andrà gestita e contrastata nella maniera migliore per far sì che tale confronto rimanga all’insegna della competizione e non del conflitto.

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