Ronaldo e l'Arabia, il piano 2030: i sauditi sognano l'accoppiata Expo e Mondiali

Investimenti nel calcio per ripulire l'immagine del quinto Paese più autoritario al mondo

Ronaldo e l'Arabia, il piano 2030: i saudati sognati l'accoppiata Expo e Mondiali
di Stefano Boldrini
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Venerdì 2 Dicembre 2022, 06:37

L'eliminazione dell'Arabia dal mondiale ha deluso il Paese dopo le feste per il 2-1 sull'Argentina, ma non cambia i programmi a lungo termine della monarchia saudita: avanti tutta. L'obiettivo è il 2030, l'anno del salto nel futuro. Tre giorni fa il governo di Riyad ha infatti presentato la sua candidatura per ospitare l'Expo 2030: in corsa ci sono anche Corea del Sud (Busan), Ucraina (Odessa) e, soprattutto, Italia (Roma). Il calcio, e lo sport in generale, sono considerati una delle chiavi per riscuotere consensi e vincere questa partita, nella quale la monarchia saudita ha investito risorse considerevoli e creato un progetto ad hoc, Vision 2030. Il football è considerato strategico per attrarre investimenti, promuovere un'immagine moderna del paese, catalizzare l'interesse dei giovani, alimentare l'orgoglio nazionale e allontanare l'attenzione dai lati oscuri, su tutti la questione dei diritti umani e la condizione delle donne.
L'Arabia è il gigante dell'area per dimensione geografica 2.149.690 km e per popolazione 38,4 mln di abitanti -, ha la diciottesima economia del pianeta, è il maggiore esportatore di petrolio ed è uno dei principali acquirenti di armi, ma nel calcio è in ritardo rispetto a Qatar ed Emirati.

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NON SOLO NEWCASTLE
L'acquisizione del Newcastle nell'ottobre 2021, attraverso il fondo sovrano Public Investment Fund, portafoglio da 620 miliardi di dollari - è stata un'operazione tormentata, ostacolata in Inghilterra per il fenomeno diffuso della pirateria televisiva nel regno saudita, ma alla fine realizzata.

L'obiettivo non è solo portare il Newcastle in Champions, ma anche utilizzare i Magpies come volano per un progetto più ampio. L'Arabia Saudita vorrebbe infatti organizzare il mondiale del 2030, ma i criteri geografici della Fifa lo escludono fino al 2034: nel 2026 ci sarà l'edizione Usa-Canada-Messico e nel 2030 la Coppa del Mondo dovrebbe tornare in Europa o, in alternativa, in Sudamerica. Spagna-Portogallo e Uruguay-Cile-Argentina-Paraguay sono le opzioni finora sul tavolo. Per arginare l'ostacolo, c'è in ballo l'ipotesi di una candidatura Grecia-Egitto-Arabia Saudita, che avrebbe il fascino indubbio, ma di difficilissima realizzazione, di rappresentare ben tre continenti.

 


L'OFFERTA DA 200 MILIONI
Il passo successivo è rendere competitiva e visibile la Saudi Professional League, il massimo campionato, a 16 squadre. I club che hanno finora dominato la scena sono l'Al-Hilal (18 titoli), Al-Nassr (9) e Al-Ittihad (8). Riyad è la città più vincente, seguita da Gedda, Dammam e Al-Hasa. In un'intervista rilasciata a Bloomberg, il capo dell'autorità sportiva generale saudita, Turki Al-Sheikh, ha spiegato che privatizzare il campionato potrebbe produrre un miliardo e mezzo di dollari, generando 40 mila posti di lavoro. Per far decollare il campionato e assicurare visibilità planetaria servono però le grandi star del calcio. Questo spiega l'offerta mostruosa di 200 milioni di euro a Cristiano Ronaldo da parte dell'Al-Nassr, guidato dall'ex tecnico romanista Rudi Garcia. La voglia di modernità che si cerca attraverso il calcio si scontra però con la natura del Paese. Secondo il Democrazy Index dell'Economist, l'Arabia Saudita, monarchia assoluta in cui il re deve rispettare la Sharia è il quinto Paese più autoritario. Secondo Amnesty International, le forze di sicurezza continuano a torturare e maltrattare i detenuti. L'Arabia Saudita è ai vertici delle classifiche mondiali per esecuzioni capitali: a marzo furono eseguite 81 condanne in un giorno. Il calcio dà alla testa e distoglie spesso l'attenzione dai problemi veri, ma non può nascondere i lati più oscuri. La Fifa può ripetere l'errore-Qatar?
 

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