Luca Diotallevi
​Luca Diotallevi

L’ora del dialogo/ Le riforme che rinnovano il sistema politico

di ​Luca Diotallevi
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Martedì 9 Aprile 2024, 00:05
L’attuale maggioranza ha rimesso in primo piano quattro urgenze. E ha il merito di averle messe sul tavolo simultaneamente, almeno di fatto collegando ciascuna alle altre: l’elezione diretta del capo dell’esecutivo con una maggioranza che solo un nuovo voto può cambiare; la divisione delle funzioni e delle carriere tra i giudici e pubblici ministeri, ovvero tra chi giudica e chi accusa; l’autonomia differenziata; l’ammodernamento e potenziamento della Difesa, come richiesto in modo finalmente esplicito e motivato dal ministro competente e dai vertici delle Forze Armate.
Ciascuno di questi temi è presente sul tavolo da decenni, alcuni dagli anni ’50. Non pochi politici tentarono di affrontarli: alcuni bene altri meno. Gli uni e gli altri furono sconfitti da un conservatorismo istituzionale che sabota la Costituzione nel modo più ipocrita: accampando la scusa di difenderla.
Alla proposta di quattro riforme istituzionali una parte di opinione pubblica reagisce affermando che prioritari sono semmai la protezione dei salari o la questione della sanità, l’emergenza climatica o lo stato delle scuole e dell’università. Se però al governo nazionale non viene data maggiore stabilità e certezza di competenze, e agli elettori (che sono anche i contribuenti) non viene dato un modo per punire o premiare con certezza chi ha governato e chi si propone come alternativa, quelle preoccupazioni apparentemente più concrete non vengono corrisposte, ma solo blandite, tradite ed irrise.
I quattro temi posti oggi da maggioranza e governo non sono “di destra” né “di sinistra” e per convincersene basta guardare a come vanno le cose ovunque al di là delle Alpi. Quei quattro temi possono diventare “di destra” se la sinistra fugge. Allora, però, il problema è la sinistra: una sinistra sempre più conservatrice (massimalista solo a parole e nei look) e sempre meno riformista.
Lo spazio per il miglioramento di quanto sin qui il centro-destra ha proposto è abbondante ed alcune voci della sinistra riformista con coraggio vi sono entrate. Precisare la legge elettorale che consente al capo dell’esecutivo di vincere ed all’elettore di non vedere capovolte le proprie scelte; rimuovere il bicameralismo perfetto; scegliere la via media più adatta tra elezione popolare del PM e sua nomina da parte del ministro competente; riconoscere che l’Italia è fatta di città prima che di regioni e che è un paese le cui divisioni sono state accresciute da decenni di centralismo e non ridotte; e così via al fine di correggere e perfezionare quanto il centro-destra ha cominciato a mettere sul tavolo.
A maggior ragione, riconoscere che affrontare l’emergenza bellica cui siamo esposti, direttamente dalla invasione russa dell’Ucraina nel 2014, è il modo più sicuro per far crescere l’Unione Europea non come super-state, ma come super-power. La resistenza e la vittoria sul Covid-19 e la scossa salutare del Pnrr (come saremmo ridotti se non ci fosse stato?) dicono che una difesa integrata per la Ue è materialmente possibile. Putin ci ricorda ogni giorno che Nato ed Unione Europea possono rinnovarsi e crescere solo insieme come insieme sono nate. De Gasperi che nel 1949 era stato tra i fondatori della Nato (vincendo in Italia un’epica battaglia politica innanzitutto contro i comunisti, ma anche contro settori del mondo cattolico, della stessa Dc e della destra), nel 1950 aveva dato un contributo decisivo alla nascita della Ceca (origine della Unione Europea), nel 1952 era stato tra i promotori della Comunità Europea di Difesa che alla Ceca (nella Nato) doveva dare spessore militare, nel 1953 aveva fatto approvare una legge elettorale che andava verso una maggiore stabilità del governo. Nel 1954 la Francia affossò la Ced non ratificandola e una buona fetta della Dc cacciò De Gasperi e abrogò la sua legge elettorale chiamandola “legge truffa”.
Quando il nostro computer non funziona o il cellulare si “impalla” e chiediamo aiuto, spesso ci sentiamo dire: “ma hai fatto l’aggiornamento del sistema?” Beh, sono una settantina d’anni che non scarichiamo gli aggiornamenti del nostro sistema politico. Sarà ora di farlo?
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