Welfare aziendale: la certificazione della parità di genere funzionale a colmare il gender pay gap

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Giovedì 16 Novembre 2023, 14:00 - Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 10:00

L’Italia ha introdotto da poco la certificazione della parità di genere per le aziende: Luca Furfaro, consulente del lavoro e tecnico certificatore di questa parità, spiega come funziona e come dovrebbero muoversi le aziende

In Italia nel 2022 è stata introdotta una interessante novità che sta prendendo piede soprattutto in questi ultimi mesi: si tratta della certificazione della parità di genere che ha come finalità quella di favorire la parità e l’empowerment femminile a livello aziendale. Ogni azienda può richiedere e conseguire tale certificazione in base all’equilibrio tra una serie di parametri KPI. Luca Furfaro, specializzato nelle politiche del lavoro e del welfare, titolare dell’omonimo studio, e tecnico certificatore per la parità di genere, ha spiegato in tre punti in cosa consiste questa certificazione.

1. Ogni azienda può richiedere la certificazione della parità di genere e verranno presi in considerazione per l’analisi diversi parametri, detti KPI, in relazione a sei aree di valutazione: partendo da come sono scritti gli annunci di lavoro affinché non siano discriminatori e dal processo di selezione, passando all’aspetto retributivo per genere e le politiche di welfare, in particolare quelle per la famiglia, ed anche l’equa distribuzione tra i sessi nelle posizioni manageriali e direzionali. Nello specifico le aree di valutazione sono: cultura e strategia, governance, processi Human Resources, equità remunerativa, opportunità di crescita e inclusione e infine, genitorialità e conciliazione vita-lavoro. A ogni parametro è associato un punteggio e la loro misurazione deve raggiungere un minimo complessivo del 60%.

2. La certificazione ha validità triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale: ci possono essere però alcuni casi in cui l’azienda ottiene il certificato con alcune lacune; queste lacune aziendali rispetto alla parità di genere vengono analizzate e vengono forniti correttivi o suggerimenti per colmare tali mancanze. La valutazione rispetto al raggiungimento della certificazione viene effettuata in maniera differenziata a seconda anche della tipologia d’impresa (micro Impresa, piccola media o grande impresa).

3. Al fine di promuovere tale certificazione, il sistema prevede un meccanismo di premialità: tutte le aziende che richiedono e conseguono il certificato hanno un vantaggio contributivo del’1%, oltre alla possibilità di un miglior punteggio in bandi per finanziamenti ed appalti che stanno, nel tempo, premiando maggiormente anche gli standard di comportamento etici.

Oggi le aziende con più di 50 dipendenti hanno l’obbligo della presentazione di un rapporto sulle pari opportunità, secondo la normativa europea approvata questa estate, ma tali dati non hanno però trovato riscontro se non a livello statistico.

“Le aziende dovrebbero avere più a cuore la loro responsabilità sociale d’impresa che include anche il gender pay gap: questa certificazione ha la finalità di evidenziare quelli che sono standard che tutte le aziende dovrebbero tenere.” sostiene Luca Furfaro, esperto di lavoro e titolare dello Studio Furfaro. “Il tema del gender pay gap risulta centrale e anche per le politiche familiari di incremento della natalità che risultano oggi al centro della discussione politica.

Anche il welfare aziendale potrebbe aiutare la causa per dare a tutti le medesime possibilità e capacità competitive: dovrebbe, infatti, in tal senso, lavorare per distribuire i carichi e le esigenze familiari tra i due genitori; inoltre, ci sarebbe bisogno anche di maggiore welfare, di carattere statale o territoriale, legato agli asili, strutture che possono dar modo così di occuparsi al contempo di famiglia e lavoro. Le aziende che fino ad ora hanno chiesto la certificazione appartengono a diversi ambiti lavorativi, ma si evidenziano sempre alcuni campi a prevalenza femminile o maschile, l’importante resta garantire un equilibrio in merito a opportunità e remunerazione: non si deve per forza raggiungere la stessa parità di presenza, ma sarebbe sempre arricchente avere delle differenze piuttosto che un pensiero uniforme, avere per esempio più visioni femminili nelle STEM potrebbe arricchire il settore.”

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