Grandi decisioni ieri da parte delle banche centrali di Europa e Stati Uniti. Ieri sera la Federal Reserve americana ha accelerato la stretta con la manovra più aggressiva degli ultimi 30 anni aumentando i tassi d’interesse di 0,75 punti base. In mattinata la Banca centrale europea era corsa ai ripari e, in una rara riunione d’emergenza convocata all’ultimo, ha annunciato uno scudo anti-spread in risposta alle tensioni degli ultimi giorni sui mercati con epicentro l’Italia.
IL NUOVO SCUDO ANTI-SPREAD
Al termine dell’incontro, il consiglio direttivo dell’istituto di Francoforte ha ufficializzato le anticipazioni già circolate e ridato fiducia alle principali Borse europee dopo sei sedute consecutive in rosso in seguito all’aumento dei tassi annunciato una settimana fa.
IL MECCANISMO
Nell’attesa, per frenare l’allargamento eccessivo degli spread e contenere il rialzo dei rendimenti, la Bce si è rivolta a uno strumento già presente nel suo arsenale e ha attivato la flessibilità nei reinvestimenti dei rimborsi in scadenza previsti dal Pepp, il Quantitative easing pandemico del valore di circa 1.700 miliardi di euro appena arrivato al capolinea. «E se anche questo non dovesse bastare, ricorreremo a un altro strumento per affrontare la frammentazione dell’Eurozona», ha affermato pure un falco come il banchiere centrale olandese Klaas Knot.
Mettere al sicuro i Btp con un solido scudo anti-spread rientra nella strategia di normalizzazione di Francoforte, e «non impedisce la nostra politica monetaria - ha chiarito il membro italiano del comitato esecutivo Fabio Panetta, intervenendo ieri in una riunione della commissione Affari economici del Parlamento Ue - ma è condizione necessaria per portare l’inflazione di nuovo al 2%», l’obiettivo simmetrico nel medio termine che la Bce si è data un anno fa.
NEGLI USA
Intanto, come atteso dal mercato, la Federal Reserve ha deciso di alzare il costo del denaro negli Usa dello 0,75%. La Banca centrale americana ha definito ieri l’aumento dei tassi più oneroso dal 1994, portandolo alla forchetta 1,50%-1,75%. La Fed ha fretta di recuperare il terreno perduto. Nelle ultime settimane una dopo l’altra, le massime autorità finanziarie del paese hanno ammesso di aver mancato le previsioni sull’inflazione. L’economia statunitense era stata la prima a riprendersi dopo il picco della pandemia, e la domanda dei consumatori restava alta. La segretaria al Tesoro Janet Yellen, il direttore della Fed Powell e il ministro per il Lavoro Marty Walsh avevano tutti giurato lo scorso inverno che l’inflazione sarebbe presto tornata nei ranghi, e che per la fine dell’anno si sarebbe allineata al 2% fissato nella bussola della Fed. Lo scoppio della guerra in Ucraina, lo sviluppo di nuove varianti del Covid e l’ingorgo globale nella distribuzione delle merci li hanno clamorosamente contraddetti. A maggio l’indice dei prezzi è salito dell’8,6% e le previsioni della stessa Fed per la fine 2022 sono ora al 5,2%. Che Wall Street avesse già scontato l’aumento è del resto provato dal fatto che ieri sera l’indice Dow Jones ha chiuso con un guadagno dell’1% mentre il Nasdaq del 2,5%. L’azione della Fed è comunque destinata a proseguire con nuovi rincari dei tassi, qualora tra qualche settimana l’indice dei prezzi non avrà curvato verso il basso.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout