Lo sviluppo e le ombre/ La sola strada possibile è correggere gli squilibri

di Osvaldo De Paolini
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Giovedì 6 Ottobre 2016, 00:08
Se c’erano ancora dubbi sulla volontà del governo, ora è chiaro a tutti che l’esecutivo non ha alcuna intenzione di modificare le sue previsioni di crescita. Lo ha detto non senza enfasi il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, davanti alle più alte cariche dello Stato e ai rappresentanti del mondo dell’economia che ieri hanno partecipato all’evento «Obbligati a crescere» organizzato dal Messaggero in collaborazione con l’Abi. Padoan ha precisato che l’aumento dell’1% del Pil 2017 «non è frutto di scommessa, ma di calcolo». L’obiettivo è certo «ambizioso» (del resto l’esecutivo non può non esserlo), tuttavia è «realizzabile». E a riprova della fiducia che attualmente riscuote il Paese sul mercato ha citato il brillante esito dell’asta sul primo Btp a 50 anni, chiusa pochi minuti prima con l’assegnazione di 5 miliardi (a fronte di una domanda per 18,6 miliardi) a investitori per l’83,2% stranieri. Ma può bastare un singolo episodio favorevole a invertire il trend della sfiducia che è tuttora tra le ragioni prime della mancata crescita?

Proprio il tema della non fiducia, insieme a quello della produttività che per motivi ancora ignoti resta al palo, ha dominato il confronto tra i prestigiosi relatori che hanno partecipato all’evento del Messaggero. E le declinazioni che ne sono scaturite sono tutt’altro che incoraggianti, nonostante germogli di crescita che farebbero ben sperare ma che probabilmente non vengono coltivati con la necessaria energia.

E del resto, che l’Europa e il mondo intero siano lungi dall’individuare una piattaforma comune dalla quale far partire le spinte virtuose è provato dalla condizione in cui rischia di precipitare il commercio internazionale.

Il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, anch’egli ospite dell’evento, ha parlato senza mezzi termini di «crollo imminente del commercio mondiale» in assenza di una sede riconosciuta - il Wto sembra sempre più un luogo dello spirito mentre il Ttip, il trattato transnazionale che avrebbe dovuto introdurre la nuova governance in materia di scambi, è praticamente fallito - per il dialogo e la stesura degli accordi. Una percezione negativa peraltro confermata dal pur ottimista ministro dell’Economia, che non ha mancato di segnalare che «il dato più preoccupante è l’andamento pauroso del commercio internazionale che cresce meno del Pil». E senza scambi, chiunque lo può capire, non c’è parvenza di crescita. Per avere un’idea del grado di scollamento tra realtà e modelli econometrici, e di quanto ignota sia la terra nella quale ci stiamo addentrando, basti ricordare le elaborazioni del sempre meno efficiente Wto: per il 2016 l’iniziale previsione di crescita dell’economia mondiale era stata fissata al 2,8%, di recente è stata rettificata all’1,7%. Con quale animo, di fronte a questi radicali cambi di visione, si può pretendere che un’azienda avvii nuovi investimenti o che una famiglia non privilegi il risparmio sul consumo?

D’altro canto, che si stia vivendo una fase di difficile decrittazione è provato dal fatto che economisti di provata esperienza e prestigio come Romano Prodi o Jean-Paul Fitoussi s’interroghino su come sia possibile che i tassi d’interesse sui depositi bancari siano crollati fino a diventare negativi: non era mai accaduto nella storia dell’uomo, ricordava ieri un Prodi stupito anche del mistero di una produttività che non cresce nonostante i cospicui tagli di personale che i processi innovativi introdotti a ogni livello hanno reso necessario. Giusta, poi, l’osservazione del presidente della Cassa depositi e prestiti, Claudio Costamagna, secondo il quale il nostro sistema d’imprese è asfittico a causa della esasperata propensione all’indebitamento bancario rispetto al finanziarsi sul mercato, esattamente l’opposto di ciò che accade un po’ ovunque in Occidente. E tuttavia, perché mai un imprenditore dovrebbe spogliarsi del ruolo di dominus assoluto quotando sul mercato parte del capitale aziendale quando in banca - parliamo di aziende meritevoli, naturalmente - ti offrono il denaro a pochi centesimi di punto e il governatore della Bce, Mario Draghi, non perde occasione per ribadire che i tassi rimarranno bassi per lungo tempo?

Tutte circostanze che certo complicano l’idraulica di una economia che fino a ieri è stata impostata sui sacri testi dell’ortodossia. Ed è evidente che, saltati tutti i parametri tradizionali, il modello di sviluppo va ripensato con tutti i rischi che il nuovo comporta. Nondimeno, l’obbligo di praticare ogni sforzo verso la crescita resta in tutti coloro che hanno responsabilità verso la società, verso chi li ha elevati a loro rappresentanti. E poco importa stabilire, oggi, «per chi» bisogna crescere, come sollecita l’eclettico Fitoussi: questo è un problema che è certamente corretto porsi, ma solo quando il volano della crescita sarà finalmente in movimento e il reddito medio, oggi tanto squilibrato, potrà essere corretto.
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