Aspettava un premio, un premio che l’avvocato Gennaro Lettieri aveva fatto di tutto per farglielo giustamente avere: quello di poter ottenere di lavorare fuori dal carcere. Ci sperava, era convinto di meritarlo. Ma l'altro ieri mattina è arrivato il diniego del magistrato dell’ufficio di sorveglianza di Pescara. Per il 63enne caldaista di Mosciano, Dante Di Silvestre, accusato dell’omicidio di Paolo Cialini, all’epoca dei fatti 40enne, operatore informatico di Giulianova, è stata una mazzata tremenda.
Ed è da quel momento che nella sua mente ha cominciato a pensare al suicidio. E da come si è comportato successivamente si poteva intuire che la tragica fine era stata programmata. Ha messo da parte alcune chiavi e altri effetti personali con un biglietto e una frase semplicissima: «Da riconsegnare a mia moglie». E giovedì verso le 18,30, approfittando dello stato di semilibertà che gli era stato da tempo concesso proprio per il suo esemplare comportamento, si è riparato in un angolo del cortile e con una corda, di cui aveva la disponibilità per i lavori che svolgeva, si è impiccato a una sbarra del cortile del carcere di Castrogno, a Teramo, e quando un altro detenuto, che godeva dello stesso privilegio, lo ha trovato riverso a terra, ha subito dato l’allarme.
Il giudice gli nega il permesso di lavorare fuori dal carcere, lui scrive un biglietto alla moglie e si impicca

di Francesco Marcozzi
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Sabato 29 Agosto 2020, 09:50
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