A sedici anni con un coltello in tasca, la psicologa Sclocco: «Il confronto si fa conflitto»

A sedici anni con un coltello in tasca, la psicologa Sclocco: «Il confronto si fa conflitto»
di Patrizia Pennella
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Sabato 26 Febbraio 2022, 09:42

Sedici anni e la lama in tasca. L’ultimo caso è di ieri: un minorenne è stato sorpreso dai carabinieri di Pescara a spasso per il centro con un coltello di 22 centimetri, di cui dieci di lama. Un altro caso, a poco tempo di distanza dal ferimento di un ragazzo fuori dai cancelli del Tito Acerbo. Le gang 2.0 si muovono come le bande degli anni Settanta, cambia solo lo slang, mutuato metà dal web metà dalle serie tv. «I bulli non esistono» scrive Silvia Vegetti Finzi, psicologa clinica docente dell’Università di Pavia: Marinella Sclocco, psicologa, sgombra subito il campo dalla superficialità, analizzando il fenomeno nel suo contesto più ampio. Vegetti Finzi sostiene che siamo noi adulti a costruire le condizioni perché i bambini e poi i ragazzi possano trasformarsi in prepotenti: quali messaggi abbiamo per i nostri figli, gli adolescenti, i giovani di oggi? Cosa proponiamo loro, quale futuro, quale società?». Una fase di passaggio che per alcuni è più difficile che per altri?

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«Leggiamo di risse, accoltellamenti come sintomi di una sofferenza allargata, che riguarda molte sfere del nostro vivere sociale. - prosegue Sclocco - Non sorprendiamoci. Secondo Erikson il conseguimento di un’identità adulta salda e integrata avviene in adolescenza tramite l’identificazione con i pari o con figure adulte significative. Questo transito dall’infanzia all’età adulta non è banale, perché si tratta di un passaggio carico di ambivalenze.

L’adolescente oscilla tra il desiderio di non abbandonare le sicurezze e le garanzie del mondo infantile e l’irresistibile richiamo verso il mondo adulto ed è proprio qui che diventiamo tutti responsabili di quello che loro pensano sia “il giusto”. I ragazzi ci guardano, per questo l’intera società degli adulti deve interrogarsi su che tipo di modello propone all’adolescente in cerca di identità».

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Una ricerca che passa anche attraverso l’affermazione di forza? «L’uso delle armi e i comportamenti devianti sono il frutto di un contesto sociale e culturale più esteso - dice ancora Marinella Sclocco - basato sul conflitto piuttosto che sul confronto, in cui il più forte, il più aggressivo, è migliore degli altri, in cui vige la classificazione dell’umanità tra vincenti e perdenti, in cui predominano boria, indifferenza, corruzione. Noi siamo dentro questo scenario oggi (con una guerra in atto che ci colpisce tutti), più di ieri». Su questo scenario si innesta l’emergenza sanitaria: «Chiediamoci come abbiamo vissuto questi due anni di pandemia - sostiene Sclocco - Quanto i ragazzi stanno pagando il blocco delle relazioni con i pari indispensabile per la loro crescita? Quanto è pesato per loro l’essersi percepiti “senza corpo” perché non hanno potuto abbracciarsi, toccarsi, scoprirsi e conoscersi? Luigi Cancrini faceva notare come durante il lockdown e subito dopo siano aumentati gli accessi degli adolescenti in pronto soccorso per coma etilico, aggressioni o attacchi di panico. Interroghiamoci se non sia questo l’unico modo per essere visti dagli adulti e soprattutto interroghiamoci sui più numerosi adolescenti che soffrono in silenzio ed a lungo».
 

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