E in conclusione: «So di avervi fatto male, non penso che servano queste scuse e forse queste scuse servono più a me che a voi». Meglio tardi che mai. Anche se il trauma di un’aggressione a freddo, del tutto immotivata, inevitabilmente lascia dei segni. A F.D.A., che per questa vicenda è rimasto in carcere per quasi 5 mesi, da pochi giorni sono stati concessi i domiciliari. Ieri in aula sono state ascoltate le parti offese, che su impulso del pm Anna Benigni hanno ricostruito l’accaduto. «Eravamo seduti su una panchina in via Carducci e stavamo parlando tranquillamente – ha riferito il ragazzino – quando si sono avvicinati F.D.A, altri due ragazzi e una ragazza. Conoscevo di vista soltanto F.D.A., poiché a Pescara ne parlavano tutti – ha spiegato il minorenne picchiato – in quanto aveva fatto diversi ‘macelli’ e aveva avuto problemi con la legge».
La versione fornita separatamente dalla coppia coincide. «Lui si avvicinò a me e disse “che schifo” – ha raccontato la fidanzatina – io risposi “se faccio schifo non guardarmi” e lui replicò dicendo il suo nome e faceva ciò che voleva». Alle parole seguirono i fatti, con D’Aulisa che prese a schiaffi la ragazzina. Il fidanzatino intervenne in sua difesa, ma venne aggredito dai tre maschi del branco. L’unica donna del gruppo si occupò della ragazzina, che stava tentando di bloccare i tre aggressori. Il fidanzato ricevette varie scariche di calci e pugni. «Caddi a terra e persi i sensi – è la sua ricostruzione – e quando mi ripresi loro continuarono a colpirmi. Poi vidi che afferrarono la borsa – ha aggiunto riferendosi alla borsa della sua fidanzata, contenente un telefono cellulare e altri oggetti personali – e scapparono via». La coppia finì in ospedale, riportando lividi e lesioni, e presto ai dolori subentrò il timore di subire ritorsioni.
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