Tuscia a tavola nei giorni della festa: tutti i menù di domenica di Pasqua e di lunedì di Pasquetta

Pizza di Pasqua
di Carlo Maria Ponzi
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Venerdì 29 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 19:45

 I riti pasquali fanno il paio con i riti gastronomici che rappresentano veri e propri obblighi. Ne dà ben conto Italo Arieti (1933-2017), medico pediatra e soprattutto il maggiore storico dell’alimentazione e delle tradizioni della Tuscia sul campo dell’arte culinari.

Nel giorno di Pasqua si comincia con un “lauta colazione – annotava Arieti nei suoi ponderosi volumi – che poteva essere di due tipi, una grassa, a base di coratella di agnello in padella (riproposta nell’appuntamento di Pianoscarano di cui parliamo a parte, ndc), insaccati vari, uova sode e pizze di Pasqua dolcii o la formaggio; l’altra, che potremmo dire più raffinata, che iniziava con il capocollo e le uova sode e terminava con lo “squaglio di cioccolato” nel quale si inzuppavano le pizze o i biscottini, poco dolci e croccanti”.

E a pranzo, la tradizione cosa imponeva (e impone ancora oggi)? “Cibo tradizionale – informava Arieti – l’agnello (abbacchio del Lazio), preparato arrosto con le patate, oppure brodettato, per usanza tramandata dalla cucina ebraica. Il cappone o la gallina usati per il brodo a volte venivano riservati per la cena”.

Nella scampagnata di Pasqua “si consumava una ricca merenda a base di piatti più vari: tra questi i pù tradizionali erano i seguenti: coniglio arrosto ripieno; ranocchie fritte; frittata con gli strigoli; capocollo o lombetto; pizza di Pasqua dolce e salata; scarsella (pasta modellata a borsetta con il manico) o bracone (pasta modellata a ‘omino’ con l’uovo in pancia) per i più piccoli”.

A proposito di dolci è lunga la teoria dei prodotti tipici. Le pizze di Pasqua, anche nella versione con il formaggio pecorino romano; le pizze gialle (“quasi completamente abbandonate”), così chiamate per la presenza di zafferano, venivano preparate in alcuni centri della Maremma come Tuscania, Tarquinia, Canino o a Blera, senza zafferano ma con la ricotta; i pampariti di Vignanello (pane all’anice a forma di maritozzo, in sostituzione della pizza di Pasqua, a Canepina chiamati tritelli); i maritelli di Carbognano (maritozzi lunghi 30 cm., con aromi di vaniglia e un pizzico di cannella); pizze ‘usuali’ di Vignanello (pane all’anice); e infine vari tipi di ciambelle e biscotti secchi.

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