Secondo la Procura, Marchetti & co avrebbero messo in atto dei veri e propri caroselli per lucrare sul fisco. Se Marchetti era l'imprenditore che aveva necessità di piazzare sul mercato le auto straniere, Sordo il gancio pugliese che grazie alla sua agenzia di pratiche auto riusciva a far a sbloccare le targhe. Lo scopo, per gli inquirenti, era uno: evadere l'Iva delle auto importate dall'estero. I meccanismi erano molti. L'inchiesta, nominata Dejavu, nasce nel 2016 e fa finire dietro le sbarre sei indagati.
Tre gli imputati per cui è stata emessa la sentenza. Gli altri invece hanno scelto il rito abbreviato chiudendo presto, e con lo sconto, i conti con la giustizia. Ieri gli avvocati di Marchetti, Sordo e Corbucci hanno tentato il tutto per tutto pur di far cadere l'accusa di associazione a delinquere. Ma la partita è andata dritta verso l'esito che aveva preannunciato la Procura. In aula per la discussione due sostituti procuratori, Stefano D'arma e Eliana Dolce, che hanno illustrato perché quella messa su dagli imputati era un'associazione a delinquere e poi soffermandosi sulle singole posizioni. Chiedendo infine pene altissime: 7 anni e mezzo per Marchetti, 4 per Sordo e uno e mezzo per Corbucci.
Il Tribunale, dopo la camera di consiglio, ha condannato Marchetti a 5 anni e 4 mesi di reclusione a all'interdizione non solo dai pubblici uffici ma anche dall'attività imprenditoriale. Un colpo durissimo che si aggiunge a quelli messi a segno nei mesi scorsi dalla Finanza, che sulla scorta dell'operazione Dejavu che li ha portati alla sbarra, ha sequestrato beni mobili, auto, moto, barche e quote di società tutte riconducibili a Marchetti per svariati milioni. Per questi due sequestri lunedì gli avvocati presenteranno opposizione. Ma la sentenza appena emessa giù fa sentire il suo peso.
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