L'inchiesta sul caporalato, la verità del pastore: «Era tutto in regola». Il gip: «Non ha alcun rispetto delle regole»

L'inchiesta sul caporalato, la verità del pastore: «Era tutto in regola». Il gip: «Non ha alcun rispetto delle regole»
di Maria Letizia Riganelli
2 Minuti di Lettura
Sabato 12 Ottobre 2019, 11:22

«Ma quale casale fatiscente, li facevo stare in un appartamento di 100 metri con tre camere da letto. E la corrente la pagavo io». L'allevatore di ovini, arrestato per caporalato, si difende.

Ieri mattina durante l'interrogatorio di garanzia ha risposto a tutte le domande del giudice Savina Poli e dato la sua versione dei fatti. L'accusa, mossa dalla Procura a seguito delle indagini dei carabinieri del nucleo tutela del lavoro, è sfruttamento. Secondo gli inquirenti, il 72enne sardo da anni residente nel capoluogo avrebbero sfruttato 4 ragazzi stranieri sottoponendoli a orari di lavoro pesantissimi e pagandoli una miseria.

L'indagato, assistito dall'avvocato Giovanni Labate, ha rispedito al mittente ogni incolpazione. Secondo l'imprenditore le ore di lavoro non erano 10 ma 6 al massimo. La paga, quindi, sarebbe stata congrua alla mansione. La casa dove erano alloggiati aveva frigo, camere, acqua del pozzo e riscaldamento.

L'indagine inizia il 22 novembre del 2018. A capire che qualcosa nell'allevamento di pecore e capre alle porte della città qualcosa non va sono i Nas che ispezionando l'azienda scoprono che in quella baracca, affianco alle stalle, soggiornano i braccianti e subito parte la segnalazione al nucleo del lavoro. Le ispezioni nel corso di un anno diventeranno 4. E ogni volta si presenta la stessa storia.

Non solo su quel casale fatiscente il sindaco Giovanni Arena aveva emesso un'ordinanza di inagibilità, completamente ignorata dal 72enne che nel corso dei mesi ha continuato a farci vivere e dormire i dipendenti. Una condotta che ha portato all'arresto. «Una misura - ha scritto la gip Poli nell'ordinanza - adeguata a garantire il pericolo di recidiva e a tutelare le connesse esigenze di difesa sociale, essendo l'unica in grado di impedire all'indagato di reiterare il reato. In quanto l'imprenditore è persona che mostra di non avere alcun rispetto per le regole e l'autorità».

Al termine dell'interrogatorio l'avvocato ha chiesto la sostituzione della misura cautelare con una meno afflittiva. Una misura che consenta all'indagato di poter badare al suo allevamento ed evitare che il gregge muoia di fame. Il giudice deciderà nei prossimi giorni.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA